Web2 e ristoranti: i limiti della “democrazia diretta”

Tre anni fa, ho aderito a 2Spaghi, social network dedicato ai ristoranti; piattaforma di incontri, scambi di opinioni e recensioni gastronomiche casalinghe… A me piace scrivere, per cui, un altro luogo dove divertirmi. Poi mi piace mangiare, bere e, forse con un po' supponenza, credo di capire qualcosa in merito. Dunque, fatto. Negli anni, mi ha scritto qualcuno, cercando locali e aprendo discussioni in merito alle mie opinioni. Nulla di vorticoso e nulla di importante. Un paio di locali poi si sono lamentati con me per le mie recensioni: uno mi ha minacciato, un altro -invece- mi ha invitato a cena (ma non sono andato)… Nulla di importante e nulla di istruttivo. Fino al marzo scorso, quando mi è arrivata una mail dai gestori della piattaforma. Mail in cui mi si chiedeva se volevo partecipare (io con altri) alla realizzazione della prima Guida gastronomica in carta di 2Spaghi, lavorando da casa sulle recensioni altrui. Ho detto di sì e per prima cosa ho esaminato quei ristoranti del Piemonte che avevano ottenuto la definizione di “Spagolicius”, più di cento, e poi i ristoranti di mezza Lombardia, che avevano ottenuto la menzione di “Buono”, un gradino sotto, oltre duecento. Cosa dovevo fare? Aprire la pagina di 2Spaghi al ristorante ed esaminare le critiche per verificare che: fossero abbastanza numerose da giustificare il voto (almeno tre); fossero complete e ricche, tali da orientare altri nella scelta; fossero opera di persone in sincerità e non dei proprietari o da amici di; non fossero opera di invidiosi, vendicatori mascherati o altri mitomani della rete…
Un lavorone che mi impegnato per un paio di mesi, regalandomi alcuni validi ed interessanti insegnamenti. In primo luogo che i giudizi del “popolo di 2Spaghi” non corrispondono ai giudizi delle guide gastronomiche: a volte, infatti, i ristoranti stellati non vengono neppure recensiti. Perche? Chi usa i “social network” ha meno soldi? Forse… e forse i ricchi non frequentano la rete. Forse; però, si nota che molte preferenze vanno ai ristoranti dove si mangia molto: “abbondante”, “porzioni ricche” ed altre definizioni simili sono presenze costanti in molte recensioni. Si vuole pagare il giusto? Ma si è capaci di distinguere la qualità? Forse sì o forse no; non si fa poi distinzione fra pizzeria, pizzeria ristorante, pub, risto-dancing, bottega etnica anche da asporto, negozio polivalente (tipo libreria bar degustazione piccola ristorazione, per capirci) e quant'altro. Il popolo della rete giudica il cibo e meno il locale. Distrazione? Rottura delle regole? Forse; i ristoranti sono giudicati, al di là delle differenze strutturali (ben indicate: “adatto a cenette romantiche”, “per pranzi d'affari”, “cerimonie”, “gite fuori porta”… il popolo della rete sa fare distinzione), per quello che mettono nel piatto; i recensori del web2, però, hanno difficoltà a raccon tare la pizza: definizioni generiche come “buona”, “ben fatta”, “saporita” sono spesso ribattute con controdefinizioni altrettanto generiche: “piccola”, “mal fatta”, “cattiva”. Problemi di linguaggio che si riproducono tali e quali sulla rete come sulle guide; esistono inoltre zone di originalità e molti luoghi comuni fra i recensori on line: a Torino, per esempio, piacciono anche i ristoranti etnici e le botteghe etniche con cibo d'asporto. Con grande apertura al mondo. A Milano, l'etnico sembra essere invece quasi esclusivamente composto da ristoranti di cucina giapponese o cinese. In provincia, poi, l'etnico sembra sparire. Nelle zone rurali da “Fuori porta” le preferenze vanno quasi esclusivamente a trattorie tradizionali (o presunte tali) o ad agriturismi. Lì si giudica l'abbondanza, la qualità del vino e la “tipicità”. In aree diverse, diverso è il concetto di “caro” e di “costoso”: in città si sale, più a Milano che Torino, in provincia si scende. Ma il prezzo, il mitico rapporto “qualità-prezzo” è un leit motiv di molte recensioni, ovunque.
Dopo un po' che facevo questo lavoro, ho imparato a “conoscere” alcuni dei recensori, capendone qualità (sa giudicare il piatto, ha una suo stile di scelta, so cosa gli piace) e forzando un po' la mano: alcuni locali li ho comunque selezionati, anche se avevano poche recensioni, ma scritte da persone che ritenevo valide e competenti. Il problema, semmai, è: e chi giudica me? Ma lasciamo stare, per ora.
Sono anche incappato in recensioni false. Quelle positive sono spesso patetiche: il ristoratore o chi per lui si lascia andare, smascherandosi: “abbiamo in carta… la nostra offerta… scegliamo…”; oppure si fa aiutare da una sintetica, generica recensione, fatta da un nickname misterioso che, guarda un po', si è limitato a recensire quel ristorante: “si mangia bene… bel locale… menù ricchi ed abbondanti”. Spesso il nickname del recensore è quello del ristorante, a dimostrazione di una buona fede un po' occultata.
Discorsi simili si possono fare per i giudizi negativi, spesso assai “tranchant”, opera quasi sempre di un misterioso o quasi recensore che si è limitato a questo e a pochi altri giudizi (a volte si bilancia con un giudizio positivo per un locale analogo e lì vicino: concorrenza sleale?). L'impressione che si sia consumata una vendetta o un atto di concorrenza sleale o un gesto vandalico… Sensazioni e a volte certezze. Esiste poi anche la categoria del critico a viso aperto: un recensore riconoscibile, dichiarato che, però, esprime moltissimi giudizi negativi sui ristoranti visitati, dando adito a teorie psicologiche in cui inserirlo… Il giudizio negativo, poi, è quello in cui maggiormente si avverte la difficoltà del linguaggio, della valutazione oggettiva: “cattivo”, “mangiar male” ed simili, infatti, cosa vogliono significare? E' un problema del recensore o del ristorante? Boh…
A settimane di distanza, in attesa che sca questa guida cartacea, le mie conclusioni sono, ahimé, queste: le recensioni on line hanno la stessa fragilità di quelle cartacee, la democrazia diretta ha gli stessi difetti dell'oligarchia critica: chi decide cosa? Gli utenti in entrambi i casi dovrebbero infatti conoscere prima chi scrive le recensioni, capendone preferenze e metri di misura; poi scegliere a chi affidarsi. Cosa che, più o meno, gli utenti delle Guide già fanno. In rete, non credo: c'è ancora il mito dell'nfallibilità. La rete e le Guide, da parte loro, dovrebbero poi dichiarare prima i metri di giudizio seguiti e, ovviamente, farli seguire. Altrimenti più che scienza la critica gastronomica assomiglia sempre più ad una magia. I ristoratori, infine, dovrebbero imparare ad usare la rete, sia per capire tendenze e gusti sia per “dominarla” in maniera un poco più professionale…

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6 thoughts on “Web2 e ristoranti: i limiti della “democrazia diretta”

  1. ciao, anche me piace la cucina e scrivere. sono uno dei proprietari del ristorante nonna betta – cucina kosher a roma. per mia natura e in virtù di una discreta carriera nel copywriting mi è piaciuto – e mi piace – occuparmi della comunicazione per il mio ristorante.

    vent'anni di pubblicità mi hanno insegnato che il consumatore non si può ingannare. come si dice a roma "me ce freghi 'na vòrta ma nun me ce freghi più". come dire che se il prodotto non corrisponde all'immagine che ne offre la pubblicità, è destinato al fallimento.

    in questi due anni di attività nella ristorazione ho scoperto che chi ha a che fare anche con i turisti (è il mio caso) pensa di poter applicare la tecnica della "mazzata": tanto il turista chi lo rivede più?

    noi abbiamo una clientela mista di romani e turisti e, anche perché la mia religione vieta di avere "due pesi e due misure nelle proprie tasche", non mi è venuto neanche in mente di poter trattare i nostri clienti in modo diverso a seconda della provenienza con un atteggiamento innegabilmente razzista.

    questo, evidentemente, ci ha premiato perché poi, con internet, il famoso passaparola non è più solo fisico e una recensione positiva pesa in special modo per un turista, il cui spaesamento gioca un ruolo decisivo.

    sono d'accordo con te che il recensore, ogni recensore, per i motivi che dici, non può essere considerato "affidabile" però è anche vero che è il caso classico in cui la quantità fa statistica e che se è piaciuto a dieci persone è probabile che possa piacere anche a te o quantomeno te la rischi di meno.

    insomma ti volevo solo dire che ho trovato e ritrovato molti punti interessanti nel tuo discorso. ciao e buon lavoro.

    up

  2. Sono d'accordo: la quantità potrebbe essere un criterio di valore. Ma molti ristoranti hanno tre, cinque, sette recensioni… sono tante o poche? Se poi due sono scritte dalla epersona, come si contano?
    La rete è vantaggiosa: comoda da usare, gratuita, non spocchiosa (almeno nell'impianto del web2), più brillante e reale dei recensori, meno formale. Però non è il "vangelo": si deve usare "cum grano salis". E forse qualche censore non ci starebbe male… Io, per ora, ho più domande che risposte… grazie per i complimenti… e adesso mi guardo la partita…

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