Vecchie Storie Mai Dimenticare

Una cena benefica è anche l’occasione per ripercorrere alcune pagine, tragiche, di una storia che qui al Nord si pensava lontana: ma che lontana non era. 

Ma vediamo la notizia e poi approfondiamo: Coldiretti Donne Impresa Asti organizza, per mercoledì 29 marzo (ore 20) al Mercato Contadino di Campagna Amica Asti, un’Asta dei Vini con Conviviale Benefica. Il ricavato andrà al sostegno delle opere per l’apertura/attivazione della Casa delle Rose di Moncalvo, gestita dall’Associazione di Solidarietà Rinascita. Si tratta di un nuovo spazio ricreato all’interno di un rustico della Cascina Graziella, la struttura sottratta alla mafia e divenuta casa delle donne: un grande casolare di inizio Ottocento immerso nella campagna monferrina. In particolare, la Casa delle Rose è stata pensata per ospitare donne sole, o con figli, che hanno terminato il percorso di recupero contro la violenza. Un luogo sicuro, protetto e accogliente riservato alle donne che, dopo aver denunciato episodi di maltrattamento, si accingono a riprendere una vita autonoma, con la supervisione, a distanza, di un operatore specializzato, in modo da giungere a un reinserimento graduale accompagnato.

Bella iniziativa che ricorda però una brutta storia. Leggiamo su La Stampa, pagine locali: “I principali sostenitori del progetto sono Don Luigi Ciotti, primo firmatario dei protocolli, cui si debbono importanti endorsement e la continua attenzione da parte di Libera e Rinascita Donne di Asti con in capo la Prefettura, i Comuni di Asti e Moncalvo”. Bene e la Cascina? “Chiamata la «cascina del mafioso» la storia della struttura è legata a Francesco Pace, braccio destro di Bernardo Provenzano, che la acquistò nel 1990 e nel 1996 stava per presentare un progetto di recupero al Comune di Moncalvo, se non fosse intervenuta in quegli stessi mesi una sentenza di confisca emanata dal Tribunale di Trapani, che la assegnò a Moncalvo”. E il nome? “La titolazione della cascina è in memoria di Graziella Campagna, 17 anni nel 1985, lavorante in una tintoria a Villafranca Tirrena, nel Messinese, che il 12 dicembre di quell’anno rinvenne nella tasca di una giacca di un cliente un documento non corrispondente al personaggio che l’aveva lasciata. La mafia non poteva permettere che Graziella raccontasse il fatto al fratello carabiniere. La ragazzina avrebbe dovuto in serata salire sulla corriera verso casa, a Saponara, ma due giorni il suo corpo crivellato da colpi d’arma da fuoco venne rinvenuto nelle campagne vicine. I suoi due assassini vennero condannati all’ergastolo, ma uno loro Gerlando Alberti Junior, boss di primo piano del clan di Pippo Calò, nel 2009 ottenne i domiciliari per gravi condizioni di salute”.

Ecco qui: dalla Sicilia al Piemonte!

Visite: 153

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *