Un salto a Bologna

Siamo in ritardo. Siamo in ritardo per cena. Io, Andrea (l’innominabile), Eros, Davide “vergomma” e Paolo. Siamo in ritardo e decidiamo di fermarci a Bologna per cena. In Toscana ci arriveremo dopo. Andrea si ricorda di un locale dove è stato alcuni giorni prima: ci era passato per proporgli del tè, il tè che fiorisce (ma non ci interessa), e dunque ne approfitterebbe per insistere. Poi è un locale famoso, sulle guide per il suo ottimo rapporto qualità-prezzo, per la sua cucina casalinga. Accettato! Inseriamo i dati sul navigatore e via, su e giù per la collina bolognese, zizzagando fra ville, villone, parchi e giardini privati. Quando arriviamo alla Trattoria Monte Donato non siamo i soli: il locale è ben frequentato; il parcheggio poco e pieno. Ce la facciamo ed entriamo. Il locale non delude: atmosfera cordiale ma non sbracata; ambiente informale ma non banale, né stazzonato; cucina casalinga, sì (abbiamo mangiato del pollo e del coniglio, ma anche tigelle, verdure miste, salumi, bologna, pasta con ragù alla bolognese, alle verdure…), ma fatta bene, senza scorciatoie di panna o di salse varie. La carta dei vini alterna bottiglie economiche e bottiglie decisamente impegnative. Ma tutte con un ricarico basso. C’è da scialare. Infatti, io ordino un pignoletto del 2007, frizzante, Cantina Vallona Castello Serravalle, 11,5°. Un vino dai profumi delicati, dolci, un po’ verdi, fruttosi di ananas e banana. In bocca è fresco, subito morbido, quasi abboccato. Piacevole e frizzante. Finisce che ne beviamo due bottiglie. A 13 euro l’una. Quasi il doppio costa invece il Sangiovese Superiore Riserva Pruno Tenuta La Palazza di Drei Donà (dreidona.it). Un “vinone” scelto da Davide, con il beneplacito di Andrea –Paolo ed Eros tacciono-, che ha 14,5°, vendemmia del 2004. Se lo annusi, prima viene l’alcol, poi il frutto denso, scuro, rosso. Infine il legno, la vaniglia della botte (leggiamo sull’etichetta “da 350 litri per 18 mesi”). In bocca è subito dolce, asciutto, un poco-poco amaro su fondo. Un vinone piacevole. E non è neppure toscano, un “supertuscan”; è un “superemilianromagnolo”!

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