Prunent e Futurismo: una lettura possibile

Un dinamico antico

Il Futurismo predicava l’abbandono del “passatismo”, era contro i musei, il languore romantico, le pesanti abitudini tradizionali… Celebrava il mondo nuovo con la sua velocità e predicava rottura, nuovi schemi, capacità di essere nel cambiamento e non essere travolto da…

Un modo di pensare che anticipava e si è poi integrato con il presente. Un fluire di passato, passato prossimo e presente che la mostra illustra con oltre settanta opere. Una visione coinvolgente: dall’ultimo decennio dell’Ottocento fino al 1960. Ed è proprio sul finire dell’800 che la grande povertà delle aree montane, le difficoltà di un’agricoltura contadina legata alla sussistenza e all’autoconsumo, unita alla diffusione della Fillossera, causarono il lento abbandono del Prunent, antica varietà di nebbiolo, caratterizzata da misurati rendimenti. Un antico che se ne andò.

Per poi tornare, tradizionale ma modernissimo. Da un lato, infatti, segeuendo Filippo Tommaso Marinetti, padre fondatore del movimento, che confida apertamente nelle capacità dell’uomo in rapporto con la natura, i fratelli Garrone, in collaborazione con l’Associazione Produttori Agricoli Ossolani, a partire dagli anni ‘90, hanno dato vita ad un progetto di recupero della viticoltura ossolana e del vitigno autoctono Prunent. Proprio partendo da quelle viti vecchie, ma franche di piede, ultra centenarie, allevate su ripidi terrazzamenti con la tradizionale Topia. Sessanta piccoli produttori sono oggi coinvolti in questo progetto comune. Dall’altro lato, il recupero del Prunenet è stato anche favorito dalla diffusa mentalità post futurista, che vede nel rapporto veloce con il mercato e le tendenze di consumo, l’essenza della produzione moderna. In velocità si è infatti evvertito il rinovato interesse per il vino degli anni ’80, la riecerca di autenticità degi anni ’90, il rinnovato rapporto fra prodotto e territorio del terzo mllennio. Il Prunent osoolano è dunque interprete di modernità futurista, declinata con la tradizione e con il territorio. Il Prunent fotografa infatti un territorio difficile, caratterizzato da rigide condizioni ambientali distinte da violenti sbalzi termici tra giorno e notte, da impervi ed inaccessibili appezzamenti strappati alla montagna che impongono lavorazioni manuali ed un impegno costante in vigna.

I terreni, a base granitica, originano un prodotto che prevede una fermentazione sulle vinacce per almeno sette giorni e una maturazione per tredici mesi, di cui 6 in barrique, custodite in questo caso nella cantina dell’antica casa “Cà d’Mattè”, sita ad Oira. Riposa in bottiglia per un anno prima di essere messo in commercio.

Il Prunent esprime grande finezza ed eleganza. Regala un naso denso di sfumature minerali che virano dal cuoio al tabacco per concentrarsi su note fruttate di prugna e ciliegia. La speziatura dolce di cannella e le piacevoli percezioni vegetali di china e rabarbaro completano le sensazioni gustative con un ricco finale floreale di viola.

Veronelli, nel 1968, nella sua guida diceva: “bel vino, perdio, rosso rubino; secco con piacevole fondo acidulo; grana fine e scorrevole; corpo lieve ma elegante. Il vitigno richiede cure particolari, la produzione d’uva non è così abbondante e la vinificazione non ammette errori”

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