Un ex sindacalista. Diventato poi responsabile delle relazioni sindacali in una multinazionale. Consigliere comunale del piccì. Meridionale. Che altro dire di Francesco? Che gli piaceva il vino. Potente di alcool e di struttura, soprattutto. Sanguigno e un po’ furbetto: come lui.
Fu proprio lui a farmi conoscere la cantina campana dal curioso nome composto: Dedicato a Marianna. Dove il nome proprio sta -se male non ricordo- per la madre. Ricordo anche, con più chiarezza e con un po’ di imbarazzo, l’originale cartone orizzontale e triangolare con tre bottiglie: non sapevi dove prenderlo e –come era logico- mentre lo maneggiavi, lui si apriva. Figuraccia. La cantina –dieci anni fa- era sconosciuta. Poi ho visto che si è distinta in premi e manifestazioni. La distribuisce Rinaldi che fa pubblicità sul giornale di Andrea.
Allora, comunque, non mi piacque perché lo giudicai un po’ troppo furbetto. Ammiccante al gusto che allora si stava diffondendo: profumato di dolcino (“bananino” direbbe Eugenio con moto di stizza); gusto morbido, fin troppo; da bersi molto freddo, sennò stufa e un pochino nausea. Non mi piacque. E, col tempo, ho perso di vista anche Francesco. Oggi in pensione. Fuori dal giro.
Qualche giorno fa, in un luogo bello e assurdo: l’isola di Albarella, provincia di Rovigo, ho ritrovato una bottiglia di Dedicato a Marianna. Stava lì, sulla tavola; sembrava aspettarmi. L’ho assaggiata, ma c’era un gran casino. Così l’ho rubata: l’ho messa sotto la giacca e con fare strano sono uscito. L’ho riassaggiata il giorno dopo. Come era? Come allora: Greco di Tufo del 2005, 12,5°, addomesticato: profumi piacevoli e morbido, morbidissimo in bocca. Da bersi freddo sennò è stucchevole.
Addio Marianna. O arrivederci?