Lo spumante è morto: viva lo spumate!

 Bello, bello, bello… Anzi bella, bella, bella… la polemica sugli spumanti che agita il bicchier d'acqua del cosiddetto “mondo del vino” italiano. Una polemica che mostra limiti e miopia. Soliti difetti italici.

Tutto ha avuto inizio con gli ineffabili giornalisti della Coldiretti nazionale (affiancati da quelli dell'Assoenologi) che poco prima di Natale diffusero dei dati trionfalistici: l'export di spumante italiano aveva superato, infatti, quello dei francesi. Si leggeva, infatti, così: “in dieci anni sono più che raddoppiati i brindisi Made in Italy nel mondo conquistato dall’aumento di oltre il 100 per cento nelle esportazioni di spumante italiano. E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti per il Natale 2010 sulla base dei dati relativi al commercio estero nei primi nove mesi dell’anno dalla quale si evidenzia che l’Italia ha conquistato il titolo di primo esportatore e produttore mondiale di vini frizzanti con un totale di 380 milioni di bottiglie prodotte superiore ai 370 milioni della Francia nel 2010”. Uhauuuu… Fin qui tutto chiaro, nelle righe successive, però, tutto si complica. Si legge infatti che “il successo del prodotto nostrano è dimostrato dal fatto che in Italia sono crollati del 20 per cento negli ultimi dieci anni gli arrivi in Italia di champagne francese a tutto vantaggio dello spumante italiano che – sottolinea la Coldiretti – stravince con il 98 per cento per cento dei brindisi delle feste con circa 80 milioni di bottiglie stappate durante le festività sulle tavole degli italiani”. Passaggio poco chiaro, difficile da decifrare. Ed infatti, molti giornalisti caddero nel trabocchetto, dicendo che “Lo spumante italiano batte lo champagne”, paragonando mele e pere, alberi con boschi… infatti, lo champagne è un vino spumantizzato con metodo di rifermentazione in bottiglia, prodotto nell'omonima regione, una piccola regione, francese; mentre lo spumante è tutto il vino che frizza, al di là del metodo, in Italia. Nello “spumante” c'è tutto e il contrario di tutto: prosecco, trento doc, talento doc, franciacorta, charmat e gasature artificiali… La Prima Crociata, per intenderci: vince ma non rimane. In effetti qualcuno non abboccò e disse che era inutile e fuorviante paragonare lo champagne con lo spumante e che certe note trionfalistiche erano da evitare. Poi il silenzio ed infine una piccata lettera del consorzio franciacorta docg che dice la sua sulla vicenda, mostrando il fianco, però, a visioni egoistiche, non nazionali. Scrive infatti Maurizio Zanella, presidente, alla stampa di settore: “Gentile Direttore, le festività natalizie rappresentano, da sempre nella nostra cultura, il momento più importante dell'anno per il brindisi che accompagna le grandi cene organizzate per festeggiare l'inizio del nuovo anno. A partire dallo scorso mese di dicembre e in gennaio ho letto, con crescente stupore, l'enorme quantità di notizie riprese da numerosi media, tra cui la sua testata (in realtà, la lettera è stata mandata anche alle testate che avevano fatto i doverosi distinguo ndr), derivate da informazioni diffuse da vari enti/associazioni (Coldiretti ed Assoenologi ndr) contenenti dati di vendita delle bollicine Made in Italy nel mondo, i consumi previsti durante le festività e soprattutto la notizia che lo spumante italiano avrebbe superato lo Champagne per quanto concerne i volumi di vendita. Mi preme segnalarle -dice Zanella- che in particolare quest'ultima affermazione non solo non abbia alcun senso ma concorra anche a diffondere una profonda disinformazione nei confronti dell'opinione pubblica. Infatti, mentre per l'Italia si tengono in considerazione tutti i vini spumanti prodotti con metodo e con qualità e prezzo molto diversi fra loro, per quanto riguarda lo Champagne si tiene in considerazione solamente una denominazione prodotta in Francia. Ma lo Champagne non è l'unico vino di questo genere prodotto oltralpe (penso per esempio al Cremant d'Alsace), quindi sostenere che lo spumante abbia battuto lo Champagne è una palese inesattezza”. Pienamente d'accordo: un'incongruenza. Ma continua il Presidente: “Altre testate includono, correttamente, tutta la produzione francese di bollicine che in effetti è inferiore a quella italiana. Ma il fatturato della produzione italiana non arriva nemmeno alla metà di quello francese; ne viene che è una magra consolazione produrre di più per fatturare la metà! Comprendo che la sua, come le altre testate, abbia ripreso questi dati confidando nell'autorevolezza delle fonti e nella correttezza delle loro analisi, con l'obiettivo condiviso di promuovere il prodotto italiano, mentre invece l'effetto che si è probabilmente ottenuto è stato quello di parlare della denominazione dei nostri cugini d'oltralpe. Un'ulteriore considerazione da farsi è che non è possibile essere a conoscenza dei dati di vendita prima ancora che sia trascorso il mese di dicembre, oltre al fatto che sono solo le denominazioni a origine controllata e garantita (Docg) ad avere un monitoraggio certo. Infatti, queste denominazioni rappresentano solo una parte minoritaria del grande calderone chiamato "spumante", sul quale avevo già espresso la mia opinione spiegando che "lo sbandierato successo dello spumante italiano, analizzando i numeri, è frutto – salvo pochissime eccezioni – di un prodotto assolutamente anonimo che deve le sue performance unicamente a prezzi unitari bassissimi". Di fatto, ad oggi, sono tre le denominazioni che hanno saputo promuovere il proprio territorio d'origine smarcandosi dall'identificazione con una categoria merceologica: Asti, Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene e Franciacorta, oltre a due importanti aziende private industriali.

Sono solo la Franciacorta e queste ultime due grandi aziende a produrre, di fatto, con la stessa metodologia di produzione dello Champagne”. Nonostante la sua autorevolezza, mi sembra però che ci siano in Italia tante altre aziende a produrre con il cosiddetto metodo classico. Ma leggiamo ancora: “Desidero quindi ribadire che il sostantivo "spumante" è morto e non ha più senso utilizzarlo in questi e molti altri frangenti. Sarebbe come paragonare tutti i vini rossi italiani (tanto quelli a denominazione di origine controllata quanto i vini da tavola) con il Bordeaux francese, mentre correttamente per questa tipologia di vino si parla di denominazioni: Barolo, Chianti, Brunello di Montalcino, Amarone per citarne alcuni. Ognuno con un suo metodo di produzione, suoi vitigni e soprattutto un territorio d'origine specifico che si distingue da tutti gli altri per le sue caratteristiche uniche. In questo inizio 2011 ritengo sia opportuno tornare a ribadire con forza questi concetti in virtù di una buona e onesta informazione che sia veicolo di cultura, che sappia portare il consumatore a conoscere quali siano le caratteristiche principali della produzione vinicola italiana, elemento fondamentale dell'enogastronomia nazionale sulla cui importanza, anche a livello di prestigio e riconoscimento internazionale, credo sia superfluo soffermarmi. Un consumatore consapevole e correttamente informato è interesse di tutti”.

Tutto vero e tutto condivisibile. Ma il consumatore italiano, però, meriterebbe che si facesse chiarezza finalmente sul nome da dare ai vini spumantizzati prodotti con il metodo classico. La Franciacorta sembra avere il nome adatto, ed è suo, solo suo, ma non può chiudersi in aristocratico isolamento e tirarsi fuori dal Paese dove opera. Si opti e simoperi per un accordo nazionale: si opti per talento o per metodo classico non importa. Basta che si faccia e tutti lo accettino per il bene comune e non solo del loro. Chissà cosa direbbe Niccolò? Ah, aha ahahah…  

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