L’importanza di chiamarsi Coppo

Credo che sia rimasto stupito uno dei signori Coppo (forse Gianni) quando chiacchierando a “Nizza – Canelli Coast to Coast” gli ho detto che, “sì, conoscevo già i loro vini”. Ricordavo infatti una magnum di Camp du Rouss, regalatami tanti natali fa, e gli ho poi detto che spesso ho sentito parlare di loro. D’altra parte, ho puntualizzato, “il vostro è un nome facile da ricordare: “Cop – po”, due sillabe nette ma non secche. Ammorbidite dalla vocale”. Mi ha guardato strano, credo sperasse in altro. Ma così la penso: il nome aiuta.

Aiutano anche i vini: i loro decisamente impegnativi o di barrique o di alcol. Almeno quelli assaggiati. Ricchi, complessi, espressivi. Vini da centellinare. Anche perché non alla portata di tutti. Le centinaia di persone che hanno partecipato alla generosa apertura della loro cantina, sabato 28 e domenica 29 maggio, ne hanno certo approfittato: si dava un contributo ad un’associazione contro la pedofilia (problema vero, grave) e si potevano assaggiare alcuni vini Coppo, prodotti gastronomici e vini di altri produttori locali. L’atmosfera era festaiola, le donne sfoggiavano e i maschietti pure. I vini buoni e i prodotti gastronomici anche.

E a proposito di nomi: passi Michele Chiarlo, altro bisillabo facile; o Brema (ma è un nome già usato in altro contesto); non male Avezza o Cerutti; ma cosa pensare di Cascina Caritina, Tenuta Olim Bauda, L’Armangia, Erede di Chiappone Armando o Bocchino?  Sono facili da ricordare? Meglio Coppo.

 

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