Il Mio Famoso Cappello Blu

Faccio cadere le chiavi nel cappello di paglia blu che da anni funge da svuotatasche. Lo guardo ed improvvisamente ricordo quel giorno d’estate in cui ero sospeso su un trampolino: sospeso in attesa di una diagnosi che poteva anche essere una sentenza. Faceva caldo ed io mangiavo poco. Camminavo nei vecchi borghi, visitavo chiese e pievi. In una Toscana bella che eppure non coglievo appieno. Guardavo e ricordavo e rivedevo (e rivedo) le tracce di sangue che lasciavo in bagno e su di lei: avevo paura. Uscivo per distrarmi ma non mi distraevo. Neppure la tomba di Giovanni e il suo esempio mi rasserenarono. Eppure anche lui ne aveva affrontate di tempeste…. L’ultimo giorno andammo a fare il bagno, di acqua e di sole. Eravamo sulla strada del ritorno. Una piscina pubblica all’aperto, in un paesello romito. In pieno sole. Poca gente. Mi fece una foto ed io avevo proprio quel cappello blu. Me la girò settimane dopo, quando già era tutto diverso. Ero irrequieto e mi arrampicai sull’alto trampolino, dimenticandomi che l’altezza mi ha sempre fatto paura. Rimasi lì, immobile, per tanti minuti e la gente che mi guardava e lei che mi diceva di scendere, di soprassedere. Ed io che non riuscivo a muovermi. Ed io che improvvisamente pensai che, se tanto poi sarebbe finita male, almeno questa paura irreale l’avrei dimenticata. E mi gettai! Stetti meglio e mentre mi asciugavo al sole al suo fianco le dissi “ce lo ricorderemo, ci ricorderemo questi giorni, i più belli di quest’estate” (se avremo altre estati pensai). Sono ancora qui, quell’estate è lontana, il cappello ora è floscio e ogni tanto mi tornano le immagini di quei giorni e a volte anche il suo profumo che, capita, risento mentre sono solo in auto, mentre cammino in un bosco o mentre leggo una pagina di poesia: “Il tempo del ricordo è un passato remoto, eppure mi sei ancora addosso, come un maglione comodo, come un cappello che vola…”.