Il mio cervello è come Google

Il mio cervello è come Google. Anni fa, mentre sfogliavo un libro di ricette (Le ricette di Pepe Carvalho (Las recetas de Carvalho) è un libro di Manuel Vázquez Montalbán pubblicato in Spagna nel 1988 e, tradotto da Hado Lyria in italiano, da Feltrinelli nel 1994) mi sono imbattuto, per la prima volta, nell'aceto di miele. Ed ho pensato ad un errore. Un po' come fa Google, se scrivete oggi le parole “ricette con l'aceto di miele”: la prima voce vi parla dell'aceto di mele. La rete pensa che sia un errore di trascrizione, come pensai io. Eppure l'aceto di miele c'è. Ed è buono e particolare. Si ricava dall'idromele. Altra bevanda negletta, sempre a base miele. La prima volta che assaggiai l'idromele fu ad una festa celtica, in odore di Lega, e me lo propose un barbuto simil druido. Non mi disse nulla e me ne dimenticai. Ma non capii una cosa semplice: le cose si possono fare bene o male. E quell'idromele era fatto male. Anche se a farlo era un erede (autoproclamatosi) dei celti. Negli anni, di idromele fatti bene ne ho assaggiato qualcuno e mi sono ricreduto. E anche di aceto di miele ne ho assaggiato: Ne ho uno qui: l'aceto di miele da “miele italiano dell'Albero della Vita di Carpinteri Massimo. Acidificato con metodo Orleanese e affinato in botti di rovere minimo otto mesi”. Aceteria Merlino. Lo annuso: l'acidità volatile porta con sé note leggere di miele; lo assaggio: in bocca è acido ma subito dopo dolce, non aggressivo e anche qui una leggera nota mielosa al palato. In deglutizione brucia. C'è acidità, ma nel complesso è delicato, buono. Si potrebbe allungare con l'acqua e farne una bibita, una base per…  Cercherò su Google…

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