I “wurstel” di Natale

Ai mercatini di Natale di Omegna abbiamo servito dei "wurstel" ticinesi, ottimo prodotto fattomi conoscere da Lino, l’amico svizzero. Il pane, fresco, di Omegna; i crauti cotti da Marco; e la senape, ahimé, industriale (ma chi la sa fare in casa?): è stato un insieme assai gradevole e gradito. Sono stati infatti mangiati tutti e li riproporremo a Carnevale, a Fuoco alle Griglie… Sono buoni, decisamente meglio di quelli che si trovano in Italia (che si fa fatica anche a digerire). La ragione del successo di questi "wienerli" (così vengono infatti chiamati gli omologhi dei "wurstel" italiani in Svizzera) è presto detta: sono fatti di carne di maiale ed hanno pochi aromi e poco di altro. E quelli che si trovano, generalmente, in Italia? No, niente carne di qualità dentro e molte sostanze di scarsa qualità che arrivano da fuori. Provate a leggere queste righe tratte da un libro uscito due anni fa: "I wurstel venduti in Italia sono fatti essenzialmente con pelle di maiale e acqua", mi ha spiegato Saini. "La cotica arriva congelata dalla Germania. Viene unita a una grande quantità di acqua… e frullata… durante la preparazione vengono aggiunte molte sostanze. Per addensare la preparazione si usano amidi, caseinati, farina di Guar o caragenine… In questo modo la miscela di acqua e pelle di maiale acquista consistenza e struttura. Poi si aggiungono potassio nitrato… e sodio nitrito…che servono per evitare il botulino, ma anche a dare colore al prodotto. Per il colore si può usare anche l’E120, il rosso cocciniglia… Si aggiungono anche gli antiossidanti, per evitare che la pelle del maiale diventi nera a causa della cottura o all’alta temperatura. Per ultimi si mettono gli aromi, che possono essere naturali od artificiali e servono per dare al wurstel il sapore desiderato. Il sapore può essere esaltato con l’aggiunta di glutammato monosodico. In Germania i wurstel vengono fatti con la carne di maiale, ma in Italia si usa quasi esclusivamente la pelle: ecco perché quelli tedeschi sono più buoni". (pagina 129 "La leggenda del buon cibo italiano" Paolo C. Conti, Fazi Editore).Non siete convinti? Leggete cosa si trova sulla rete, pagina della frequentatissima Wikipedia, voce "wurstel": "A differenza di quanto solitamente accade, un wurstel di buona qualità non dovrebbe contenere scarti o interiora, eccezion fatta per quei prodotti che per loro peculiarità esigono tali ingredienti (quali? ndr). Spesso i wurstel contengono infatti solamente quelle parti del maiale o del bovino che non sono facilmente vendibili in macelleria, zoccoli e interiora macinati finissimamente e indistiguibili dal grasso a cui si uniscono". Convinti? Non ancora… Bene, sfogliate con me la rivista "Pizza Italiana", numero di agosto-settembre 2009. A pagina venti si trova la pubblicità di un piccolo salumificio che punta -a quanto pare- sulla qualità. Leggiamo: "gli ottimi tagli di carne di puro suino e la sapiente interpretazione di un’antica ricetta bavarese sono il segreto dei Wulstelli, prodotti senza aggiunta di caseinati, ventrami ed emulsione di cotenna e senza fonti di glutine. La scrupolosa preparazione, delicati condimenti, uniti ad una lenta affumicatura con legno di faggio, esaltano la gustosa fragranza dei wurstel garantendone l’integrità fino alla tavola". Ecco come vengono prodotti gli ottimi (credo proprio) "wulstelli" del Salumificio Castelli di Frascati (www.castellisalumi.it) che assaggerei volentieri. Tutto al contrario di come fanno gli altri, molti altri. Si digeriranno anche molto meglio, ne sono convinto.

Per segnare la differenza, sono stati chiamati con un nome di fantasia: wustelli. Rifacendosi però così proprio all’etimo fantasioso dei poco amati "wurstel", salsicciotti che hanno anche il nome (oltre che le norme di produzione) frutto di una fantasia tutta italiana. "In Germania i wurstel non esistono", mi diceva anni fa Isabella. Ed io non capivo: non era infatti la Germania patria di questi salsicciotti? Sì, ma non di quel modello tutto italiano e di un nome simile. Il termine sembra infatti provenire dal diminutivo della parola tedesca "wurst", "insaccato". In tedesco suonerebbe "wurstchen". Termine generico, comunque. Ma così non è in Italia, dove il salsicciotto che porta tale nome di fantasia corrisponde generlmente al "Wiener" o "Wiener Wurstchen"… in Austria viene curiosamente chiamato "Frakfurter Wurstel", cioè "salsicciotto di Vienna". Ma non sono proprio uguali: più corto il primo, servito singolo il secondo.

E il "wurstel" italiano? Distinto ma ancora privo di dignità… Nell’attesa, cercheremo di trovare di meglio: in Svizzera o in Italia…

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3 thoughts on “I “wurstel” di Natale

  1. Infatti in Germania (ma anche in Alto Adige) ho mangiato degli ottimi wurstel che erano….salsicciotti!!! Erano ben diversi da quelli che si trovano generalmente dalle "nostre" parti.

    Ammetto che a me piacciono moltissimo i piatti di quelle zone e wurstel con crauti sono tra questi… Senza parlare, poi, dei pani tipici…

  2. Confermo. Al ristorante in cima al passo del Lucomagno ho mangiato alcuni deliziosi wurstel chilometrici che nulla hanno a che vedere con i sottoprodotti italiani .

    Paolo

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