Nella mia cittadina fra poco ci saranno le elezioni comunali, anticipate. Ad affrontarsi quattro diverse liste: due delle quali guidate da politici, locali, di professione o quasi; una da un appassionato di politica, ma con un lavoro che lui dice essere appagante (si era anche dimesso per seguirlo, ma ora si ripresenta… boh!?); ed una da un imprenditore con recente passione amministrativa più che politica.
La malattia di Silvio Berlusconi mi ha fatto ricordare i tempi della sua “discesa in campo” e le polemiche contro i politici di professione, la voglia di “società civile” che guidasse il Paese. Una voglia che non è mai morta, ma che ora è stata messa da parte. Almeno a giudicare dal Paese e dalla mia cittadina. Cittadina che non è l’ombelico del mondo, sia detto. Ma è abitata da una piccola borghesia assai ansiosa che assomiglia molto alla piccola borghesia oggi dominante in molte parti del Paese.
E dunque è una cosa bella che due contendenti e mezzo su quattro siano dei politici di professione? E dunque una bella cosa che i massimi esponenti dei partiti locali siano professionisti della politica (con stipendio legato alla politica?)? Non lo so. Però se uno lo fa come passione, anche se perde non si dispera ma ragiona; se uno lo fa per mestiere, pur di non perdere, fa i “patti col diavolo”. Di contro, chi lo fa ogni tanto non ha reti di relazioni, non ha esperienza… Non so davvero cosa sia meglio.