In queste vacanze di Natale ho letto anche due Gialli ambientati nelle zone dove vivo: il primo si intitola “La Cacciatrice di Fantasmi”, autrice Maria Elisa Gualandris, nota giornalista locale; il secondo, “Il Convento sull’Isola”, di un per me sconosciuto Marco Polillo. Il primo è ambientato a Verbania e ben ne interpreta lo spirito borghese, il secondo ad Orta e un po’ di cartolina fa capolino qua e là nei personaggi. In entrambi i romanzi ci sono da risolvere degli omicidi, un “cold case” nel primo e una serie di delitti recenti nel secondo.
I due Gialli sono ben costruiti, come prodotti di serie: un ordito su cui si intreccia la trama originale nell’ambientazione, la ”location”, non tanto nei personaggi. I personaggi infatti sono un po’ stereotipati: due detective (il primo una giornalista locale, il secondo un poliziotto vero e proprio) che hanno problemi sentimentali (relazioni sbagliate, un amore che non si dichiara etc etc) e familiari che saranno risolti alla fine insieme all’indagine condotta al successo. Un lieto fine, meno per chi è morto ovviamente, ma giustizia fatta. Ecco, primo elemento standard: i colpevoli vengono presi, i problemi si risolvono. Voi direte: il pubblico vuole questo. Vero, vero però…
Secondo elemento di scarsa originalità: tutti i protagonisti dei due gialli sono assolutamente privi di un’identità collettiva. I loro sogni, i loro ideali, il loro agire è sempre all’interno di un mondo piccolo e concentrato su di sé: l’amore, il rapporto di coppia, gli affetti familiari e domestici… il mondo esterno è solo quello del crimine. Quasi un nemico da cui difendersi e di cui non parlare. Non traspare nulla del mondo esterno sotto forma di angosce collettive o di indignazione collettiva: i problemi ambientali, la deindustrializzazione, le nuove povertà, la sudditanza del lavoro al capitale… etc etc Niente!


Si tratta dunque di due libri carini come i vestiti del fast fashion, godibilissimi e paradossalmente rilassanti rispetto al mondo: sì, c’è un delitto ma alla fine la giustizia è assicurata. In questa bolla narrativa gli individui risolvono tutto. Tutto meno i problemi collettivi che i singoli, neanche i più brillanti, possono risolvere da soli. In quest’era di individualismo esacerbato, questo non vuole essere creduto. Il singolo, in verità, conta poco e può poco. Tranne che nel mondo del racconto.