Siamo stati a Chablis, un paese-vino. Ci siamo arrivati in una mattina di una giornata uggiosa di novembre. Foschia che non ci ha però nascosto i vigneti, le vecchie case ben conservate e le strade pulite (ma dove buttano i mozziconi di sigaretta?); e le tante scritte che indicano cantine, botteghe del vino…
Noi siamo stati ospiti della Caves Jean et Sebastien Dauvissat, vini venduti in Italia da Gianni. Lì ne abbiamo assaggiati tanti. Ne abbiamo anche comprate un po’, di bottiglie. Mentre assaggiavamo, altri clienti si aggiravano per la cantina. C’era anche un giapponese. Gianni dice che in paese “producono 60 e hanno richieste per 100”. Sono un po’ sostenuti dice. Vero o non vero, sono stati disponibili: hanno aperto bottiglie, versato bicchieri. Non hanno soddisfatto tutte le nostre richieste –questo sì- riguardo formati strani (tipo jeroboam) od annate particolari. Ci hanno dato tanto ma non troppo. Non ci sono sembrati dunque troppo diversi dallo stereotipo francese. Ma torniamo al vino.
Dello chablis avevamo già sentito, tanto, parlare. Qualcuno lo dice vino adatto alle ostriche. Altri lo ricordano come ottimo vino bianco francese. È piaciuto anche a noi che lo abbiamo comprato in loco. Alcune bottiglie di Chablis Premier Cru del 2002 (13°) della Caves Jean et Sebastien Dauvissat, a circa quattordici euro l’una; ed una magnum (o mag-num come dicono i francesi) della stessa azienda, ma del 2003 (14°): un grand cru, il Les Preuses, a sessanta euro. Che dire? Che sono ottimi vini, anche se un po’ particolari. Il primo ha profumi minerali, fruttati: frutta a polpa gialla ben matura; in bocca è asciutto, morbido e fruttato. Il secondo, a nostro giudizio, è ancora meglio: al naso si sentono ancor più le note di frutta esotica matura, il profumo minerale è secondario. In bocca è morbidissimo, asciutto, caldo, saporito di frutta e note minerali. Annata strana il 2003, tanto calda. Vini imprevedibili. Mica fatti con lo stampino.