Benvenuti trucioli

Eugenio me lo aveva promesso e ha mantenuto: mi ha portato da assaggiare due vini “truciolati”, opera di due cantine novaresi. Anzi, ha fatto di più: mi ha portato da assaggiare una base di vino nebbiolo che ha ospitato i trucioli per quarantotto ore e un taglio di quest’ultimo vino con nebbiolo in purezza.

Lui, viticultore, non è scandalizzato del loro uso (“lo facevano già”) quanto dell’anonimato che copre queste pratiche enologiche. Lo si fa, ma non lo si dice. Sarebbe meglio, ribadisce, dichiararlo in etichetta. E il risultato?

Il vino “truciolato” di base è immondo ed imbevibile: al naso sa di legno (ovvio) tantissimo, sembra di sentire le resina, un vaniglione ovunque, un retroprofumo quasi chimico… in bocca è subito dolce, morbido ma si chiude tannico ed asciugante… un retrogusto dolciastro, medicamentoso. Imbevibile.

Il secondo ha sì una barrique potente, ma i profumi dolci di lagno e vaniglia sono più contentuti. Forti ma abbordabili. In bocca è molto dolce, subito; ancora un po’ tannico. Lo diresti un barriquato giovane, un po’ scomposto. Anche se la bassa acidità spiazza. Un vino da far affinare.

Eugenio, mi ha parlato di percentuali che, variando, si trovano in molti vini novaresi. Soluzioni? Lui dice che riconoscerli è facile. I vini “truciolati” sarebbero scomposti: ricchi di profumo e subito dolci, ma poco organici, poco armoniosi…

Sarà, ma intanto quelle due bottiglie anonime le assaggerò ancora. Per capirci di più. Senza cadere nella paranoia di non assaggiare più vini barriquati –“perché comunque falsi”- come sostiene qualche mio amico.

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