Ancora tu!

Il nostro fornitore ne aveva quattro bottiglioni, inizio 2008. La settimana scorsa, ne aveva ancora uno. Due li abbiamo comprati noi; l’altro era probabilmente quello che abbiamo assaggiato da Gino, quando aveva il ristorante a Beura. O forse no. Comunque sia, l’impressione è quella di un vino più parlato che bevuto. Pochi, infatti, almeno in provincia di Novara (e dintorni), sembrano essere coloro che sono disposti a sborsare 130 circa euro per una magnum di Gravner. Un vino,poi, che aumenta di circa dieci euro l’anno. Ma di che vino si tratta? Dell’Anfora Breg del 2002 (Venezia Giulia igt, 13°). Un vino insolito, frutto di un uvaggio di sauvignon blanc, chardonnay, pinot grigio e riesling. Uve ricavate da un’agricoltura biodinamica, seguendo il calendario astrologico di Maria Thun, e lavorate utilizzando anfore interrate di terracotta della Georgia (per la fermentazione) e botti di legno (per la maturazione). Imbottigliamento in luna calante. Niente lieviti selezionati, niente filtrazioni, niente chiarifiche… niente. Un vino originale, unico o –per meglio dire- primo del suo genere, che si è ormai posizionato nella fascia alta del mercato. Un vino che costa, di cui si parla e che “almeno una volta nella vita, si deve assaggiare” (così ho letto in un forum sulla rete). Noi –io, l’Innominabile e altri amici- lo abbiamo assaggiato tre volte in due anni: e sempre magnum del 2002. Che coincidenza! Questa volta, ci è parso meglio delle altre. Infatti, il vino sapeva sì di mela acerba, di sidro… ma il tutto era più delicato, la mela sembrava buccia di mela, sbucciata ed addolcita da un poco di polpa rimasta attaccata. Poi si sentiva del minerale, qualcosa di ferroso, e, ancora più sotto, del miele, della frutta matura. In bocca, inoltre, era sì asciutto e sapido; ma anche un poco dolce, abbastanza persistente, non completamente squilibrato, mediamente corposo. Rispetto agli altri bottiglioni, era un poco meglio. E, se lo si teneva nel bicchiere, migliorava. L’ho fatto assaggiare anche a Monica che l’ha trovato “al naso simile ad un rosso… con profumi di mora, di resina…”; e a Simone che l’ha descritto al palato come “acidissimo… con sapore di mela, di aceto di mela, di sidro…”. All’Innominabile non piace ed io, pur non essendo ancora d’accordo con le degustazioni celebrative che si trovano in rete (“un vino dal colore intensamente ambrato (vero, ndr); il profumo, delicato e complesso per ricchezza estrattiva, sprigiona note floreali, di bergamotto e fruttate, di mela e cedro maturo. Vino dalla sorprendente personalità, ricco di note minerali, risulta caldo e lungo nel finale”), io comincio a sentirlo buono. Comincia piacermi. Fra un paio d’anni sarà buono. Ma allora quanto mi costerà l’ultimo bottiglione?

Visite: 1204

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *