Nel mio paesello una volta c’erano quattro negozi di alimentari, due circoli, una merceria, una tabaccheria, un negozio di ferramenta e tre parrucchiere. Oggi rimangono una bottega di alimentari, un circolo aperto non sempre, la tabaccheria stenta e di parrucchiere ce n’è una sola. E’ un po’ così ovunque in Italia. Ad essere spariti però non sono solo gli spazi commerciali, ma anche quel ceto borghese piccolo e medio che una volta era molto importante in paesi e città. Una ricchezza diffusa che faceva bene un po’ a tutti.
Ed ora lo stesso ceto medio piccolo si riaffaccia con la condivisione delle auto (osteggiata fortemente), col nascente fenomeno delle “cesarine” e soprattutto con gli affitti brevi (anch’essi osteggiati). Per me è invece una buona cosa: impegno, investimento, guadagno, concorrenza… cambiano il volto delle città? Bene: è già successo in altre ere. Con la fine del Medioevo ci fu il primo fenomeno di inurbamento (e si lamentavano degli homines novi), poi con il boom industriale ci fu uno spostamento massiccio da sud e da est verso il nord, nord ovest. E via di intolleranza e quartieri ghetto. Le città hanno cambiato aspetto. Si saranno lamentati anche a quei tempi, immagino, ma allora il benessere era sopra ogni cosa (anche troppo forse) ed ora siamo qui.
Io non credo che il fenomeno vada imbrigliato e neppure troppo munto; semmai lo libererei dalla pastoie del centralismo delle piattaforme, fornendo strumenti affinché siano più liberi nel fare, nel proporsi e nel guadagnare. Insomma libererei il potenziale imprenditoriale della borghesia italiana. Fa bene a tutti e che le città cambino ancora una volta e non sarà neppure l’ultima.