C’è un altro “cocktail” nato in campagna a base di vino: si prepara con pesche bianche di vigna messe a bagno nel vino rosso, con zucchero abbondante e si lasciano macerare al fresco per una notte. Che ci risulti, non ha un nome preciso, ma è una specie di Sangria alla Piemontese che tuttora accompagna le calde serate estive. Nel napoletano una simile bevanda si chiama Percoca. Al contrario nelle fredde serate invernali, sempre al Nord, si è soliti utilizzare vino rosso caldo, aromatizzato con spezie, normalmente cannella e chiodi di garofano, e scorze di agrumi, di solito limone.
Sembra dunque che il nostro Paese vanti una delle pratiche più antiche, da qualcuno considerata arte, della miscelazione del vino con altri liquidi “commestibili”. Una pratica tornata alla ribalta in silenzio con i cocktail a base di vino (mai che si parli di vino ed acqua in termini negativi in questo caso!). Se qualcuno la considerasse una pratica “barbara” voglio ricordare che, addirittura, mescolare il vino fu un’attività futurista: Parigi, 6 maggio 1931: «Alle 21.30 un colpo di gong formidabile riconduce i presenti alla realtà delle cose. Un’improvvisa luce verde rende ancora più spettrali i commensali. Sono annunciate le misture-aperitivi create dall’aeropittore Prampolini. Sorpresa generale di pescare nell’una cioccolato e formaggio naviganti nel Barbera, cedrata e Bitter Campari (…) qualche smorfia, ma risultato soddisfacente tanto che alcuni replicarono». Così Tommaso Marinetti, fondatore del movimento futurista, descrive l’esordio del Carouselle d’Alcool, Giostra d’Alcol, all’Esposizione Coloniale di Parigi. Poco prima si era esibita sul palco Joséphine Baker, quella delle banane “senz’osso”. Erano gli anni delle avanguardie e delle sperimentazioni, nell’arte, nella cultura e nella danza. Per i futuristi non esistevano i cocktail, ma le polibibite, lo shaker era l’agitatore, il barman il miscelatore e tutte le misture erano preparate con prodotti italiani. Vino in testa. Di loro rimane poco nei fatti, ma è testimonianza interessante.
Dalla Spagna è arrivata da poco la moda del Calimocho, o “Rioja Libre” come alcuni lo chiamano: una versione ancora meno raffinata del nostro Spritz che non si trova tanto nei bar spagnoli, ma piuttosto nelle feste dove mischiano il vino rosso con la coca-cola e un po’ di zucchero (se si vuole). Non serve che il vino rosso sia ottimo, neppure sia barriquato ma piuttosto abbia una decisa freschezza! Oggi il Calimotcho è venduto anche in bottiglia, ma non viene dalla Spagna. Ad imbottigliarlo ci hanno infatti pensato i francesi della Haussmann Famille. E’ nato infatti nel 2013 il Rouge Sucette: una bibita formata per il 75% da vino rosso e per il rimanente 25% da acqua, zucchero ed aroma di cola.
Quello dei vini aromatizzati è un business in forte espansione in molte parti d’Europa, Francia e Germania in testa. A farla da padroni al momento i rosé aromatizzati alla frutta, che raccolgono successo di pubblico e di critica.
Acqua e Vino (quarta parte)
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