A Fernando

La malattia del secolo ha colpito anche casa mia: la vecchiaia di mio padre e la sua immobilità m’hanno reso padrone di un vasto giardino, frutteto ed un orto che ancora non so condurre. E quest’estate, mentre rastrellavo e potavo senza costrutto, sono incappato in una curiosa casetta per uccelli ricavata da una cassetta di legno per una magnum di vino. Mio padre l’aveva posizionata sul retro della baracca degli attrezzi ed io l’ho vista lì per caso, appoggiando il rastrello.
L’ho riconosciuta subito: era la cassetta regalatami (con bottiglia annessa) durante una visita al Castello di Ama. Ci andai anni fa con Isabella, un vecchio borgo rifatto ad hoc ed accoglienza signorile, grazie all’amico Fernando, allora il migliore fra i migliori venditori di vino della mia zona. Facevo il giornalista e collaboravo con alcune associazioni di somellerie e dunque Fernando ci teneva alla mia opinione. Con lui andai lì, ma anche alle cantine Mastroberardino e tante volte a cena e alle cantine Cantalupo a Ghemme. Bel periodo, bella persona, generosa…
Poi ci siamo persi di vista. Sua figlia Barbara vende ancora vino e mio fratello è suo affezionato cliente. Io però da anni non vedo più Fernando. Sino a pochi mesi fa ignoravo del tutto il suo destino e poi, come capita, una chiacchiera colta al volo m’ha consegnato l’immagine di un uomo alle prese con gravi problemi di salute, dalla mobilità minata e difficile. Come quella di mio padre. Coincidenze.
Mi auguro sia per lui sia per papà qualcosa: una guarigione, una vita nuova, il superamento di limiti… E intanto ricordo con piacere la strada sterrata a “corda molle”, la polvere, gli ulivi, il vecchio borgo rifatto, gli ottimi vini assaggiati, la cucina toscana di una famiglia polacca di custodi, la primavera calda, gli amici trovati là per caso, il biliardo, l’amicizia, il Guidoriccio da Fogliano, il tempo che passa e i ricordi che affiorano rastrellando un prato. La Toscana eterna, giardino dell’Eden.

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