Parafrasi Impossibile

Parafrasi Impossibile

Questo appena sotto è l’attacco di un lungo servizio apparso su “La Madia Travelfood” del marzo 2013. Opera di Alessandra Meldolesi. Il titolo, pur misterioso, incuriosisce: “Madrid Fusion La Cucina ai Tempi dello Spread”. Ti fa leggere l’articolo, ma poi ti arresti, ti fermi, ti areni, t’insabbi… perché non capisci subito. Leggi e rileggi ma non capisci, forse intuisci. Incapace di fare la parafrasi ad un linguaggio che appare prosa ma è invece poesia che suggerisce e non dice, che alla logica sostituisce l’analogia, la metafora ardita… Provate a leggere. Poi proviamo a fare insieme la parafrasi, come si fa a scuola con le poesie: Un occhio perso nelle dissolvenze dell’ estetica zen, l’altro a mollo nel cono umbratile dell’ Amazzonia, pastura di un’ immaginazione sterminata. Il congresso Madrid Fusion, giunto questo gennaio alla sua undicesima edizione, ha dato prova di uno strabismo sistematico e ostinato nell’ incrociare a oltranza i suoi assi visivi. Fino a dissolvere una prospettiva culinaria che appare vieppiù sfocata e aleatoria, i nervi un po’ stanchi nell’ esercizio ininterrotto della messa a fuoco. Sul palco il testimone è sfilato infatti fra le mani globali di chef dalle casacche disparate. A intramezzare i mostri sacri e gli emergenti di casa, i colori squillanti degli chef latini; fra gli ultimi fuochi d’ artificio neobarocchi, le suggestioni feline delle tigri asiatiche. Assenti invece i big internazionali, da Renè Ridzepi a Massimo Bottura. Forse perché la gelosia è la paura del confronto, come diceva qualcuno. O magari per amour fou della newness of the new, valore principe del paradigma spagnolo. La novità è una pepita sempre più agognata nella caccia all’oro in corso nel settore, dai promotori andini ai fiordi norvegesi, fino al Manzarre e al Reno. Merce rara come il liocorno che taluni raccontano di avere fugacemente avvistato ( ma forse era soltanto il corno di un narvalo).

La Madia Travelfood

La prima frase è già un dilemma: cosa è infatti “l’estetica zen”? Forse l’essenzialità delle presentazioni gastronomiche. E ci può stare. Ma, il “cono umbratile dell’Amazzonia”? “Pastura”? Che significhi che i cuochi hanno tratto grande ispirazione dai prodotti e dalla cucina della foresta amazzonica? Può essere. Ma andiamo avanti: “strabismo sistematico e ostinato nell’ incrociare a oltranza i suoi assi visivi. Fino a dissolvere una prospettiva culinaria che appare vieppiù sfocata e aleatoria, i nervi un po’ stanchi nell’esercizio ininterrotto della messa a fuoco”. Cioè che queste due tendenze si mescolavano senza logica e senza costrutto? Ma c’è una logica? E quale sarebbe? Boh!? Può essere ma non ne sono tanto sicuro. E ancora: “fra gli ultimi fuochi d’ artificio neobarocchi, le suggestioni feline delle tigri asiatiche.”. Bah!? Forse si intende con “neobarocco” la voglia di stupire che spesso hanno tanti cuochi, come una volta gli artisti barocchi. Ma è un giudizio estetico positivo o negativo? O neutro? Bah!? Leggo ancora, ma le “tigri asiatiche” chi sarebbero? Forse qualche cuoco asiatico emergente? Boh!? Ma il finale di questo primo capoverso, di un articolo che poi prosegue con la stessa alludente poeticità, dice: “O magari per amour fou della newness of the new, valore principe del paradigma spagnolo. La novità è una pepita sempre più agognata nella caccia all’oro in corso nel settore, dai promotori andini ai fiordi norvegesi, fino al Manzarre e al Reno. Merce rara come il liocorno che taluni raccontano di avere fugacemente avvistato ( ma forse era soltanto il corno di un narvalo)”. E qui alla poesia si sommano il metalinguaggio, la metafora ardita e l’allusione diventa difficile, da lettori laureati. Alla fine è un gioco, un’esibizione di forza, di erudizione; non ha la forza dirompente del linguaggio che si fa comprendere, della logica che incatena, del linguaggio come condivisione… Direi, parafrasando, “un fuoco d’artificio neobarocco… nel cono umbratile di u’immaginazione sterminata”…. Capito? No? Io neppure…

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