Lo dice Cipriani

Lo dice Cipriani e noi non possiamo far altro che ascoltare e dire, in differita e con sommo rispetto, la nostra. Lui, il mitico Arrigo Cipriani dell’Harry’s Bar di Venezia in un articolo dell’aprile del 2015 fornitoci in copia dal collega Carmine Lamorte, sommo barman italiano, parla di cuochi e di cucina e di lusso. Ecco cosa dice: i cuochi, “gli chef barbuti e belli… i reality”? “Per carità –esclama- ho difficoltà a chiamarli cuochi, figuriamoci chef. Io non sono un cuoco. Ne ho tanti, ma loro stanno in cucina”. E i cuochi stellati? Gli chef stellati “nelle guide dei copertoni… hanno un atteggiamento demenziale… Non si sanno neppure vestire. Portano i jeans e la giacca aperta… Propongono il menù degustazione. Ma le pare che se vado al ristorante e spendo fior di quattrini posso farmi imporre quello che devo mangiare? Finita la libertà, finisce tutto. Non è più un lusso, è un’altra cosa”. E cosa è il lusso dunque per Cipriani? “La semplicità coronata da tanti piccoli dettagli… il piatto rotondo… le posate piccole… non farsi imporre cosa si vuole mangiare… pesce fresco e senza fronzoli…”.

Cosa dire? Mah, a me i jeans e la giacca insieme piacciono. E a volte la porto aperta pure io. Poi, anch’io detesto i piatti senza bordo, quelli grossi e quadrati (magari su tavoli non adatti e stretti), le posate non impugnabili, i cucchiai piatti, i bicchieri colorati e i coltelli senza lama. Anche a me piacciono i particolari: bel tovagliato, fresco, fiori, quadri e non poster alle pareti, buon gusto… Anch’io penso che mangiare ciò che si può volere è il vero gusto dell’andare a mangiare fuori. Detesto i menù degustazione. E non capisco il servilismo di chi può davanti a questi cuochi famosi. Emanuele Gnemmi mi raccontava di una ricca americana che chiedeva sempre pollo bollito con le salse. Quello per lei era il lusso e loro glielo davano. Sarebbe andata da Antonino obbligata da un menù voluto dal padrone di casa e non dall’ospite? Non so…

Nelle parole di Cipriani anche una velata traccia di “lotta di classe”: i cuochi –sembra dire- facciano i cuochi. I camerieri –lo dice in un’altra parte dell’articolo- facciano i camerieri. I ristoratori, come lui è, facciano i ristoratori. Le cose non si confondano. Avrà ragione? Non saprei, però lui è un bel pezzo d’Italia ed ha 22 ristoranti e 700 chef in giro per il mondo. Non male… E il suo locale è finito pure in una canzone: “Ora Teresa è all’Harrys’ Bar / guarda verso il mare / per lei figlia di droghieri / penso che sia normale / porta una lametta al collo / è vecchia di cent’anni / di lei ho saputo poco / ma sembra non inganni.”

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