Io, i voucher, il prosciutto col vino

Io, i voucher, il prosciutto col vino

Ho idea che la polemica sui voucher sia un po’ pretestuosa: fatta per dare rilievo al sindacato. Sono anni che li conosco ed all’inizio erano così limitati nell’uso che neppure i miei amici vignaioli potevano usarli. Erano limitati, se non ricordo male, agli studenti. I produttori ricorrevano così alle cooperative di stranieri che garantivano rispetto delle leggi, quelle sì, ma cattive condizioni di lavoro. Mai più parenti, pensionati, amici o semplici semioccupati che volevano arrotondare. Nella furia iconoclasta contro il lavoro nero, molti hanno pagato caro un amico, un parente, un qualcuno che magari arrotondava magro stipendio o pensione.

Poi sono stati ampliati. Per me bene. E un mio amico ha potuto così usare il padre per fargli fare delle consegne ed io, anch’io, ho aiutato ad una fiera (dedicata al prosciutto crudo di Parma) un amico senza che questi venisse multato per “lavoro nero”. I voucher con cui mi ha pagato erano nominali e con una certa durata. Non erano “soldi” che potevo girare o utilizzare quando volevo. Ha pagato me, per quel servizio.

Ora dicono che sono immorali ed hanno aumentato il lavoro nero. Forse, in alcuni casi. Ma è sbagliato trattarli come se fossero loro la causa delle fabbriche vuote che costellano il nostro paesaggio urbano, dei borghi abbandonati nelle campagne e in montagna. Confondendo così conseguenza con causa. Il lavoro buono, ben pagato e tutelato scarseggia, perché scarseggia il lavoro tout court. I voucher danno semmai respiro ad un’economia marginale a lavoratori poco appetibili.

Vogliamo abolirli? Possibile. Ma non auspicabile.

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