Vigezzo on my mind

Mi scrive su Facebook una mia ex allieva, offesa dai miei dubbi: "buon giorno Prof. Milan ho letto il suo articolo della settima scorsa su "Eco Risveglio" (questi di Eco sono proprio dei bei tipi: mi riprendono, mi citano e non mi avvertono neppure ndr). in quanto sono direttamente interessata a quello che ha detto del prosciutto crudo della valle Vigezzo , la invito a venire in valle ad assagiare il vero prosciutto locale, non le imitazioni che alcuni ingnoranti vedono come prosciutto tipico… e le posso garantire che e' veramente lavorato in valle, io stessa ho potuto vedere i laboratori di preparazione e stagionatura". Ed uno!

Vado a Druogno per il concorso dell'AMIRA, e mi intercetta un mio ex allievo che mi apostrofa: "ma ce l'ha il passaporto per entrare in Valle? Qui molti sono arrabbiati con lei!". Ma poi mi rabbonisce dicendo che, purtroppo, molti prosciutti si fregiano di una nomea che non gli appartiene. E due!

Durante la serata di gala mi incrocia l'assessore provinciale, nonché ex sindaco di un comune della Valle, e mi dice: "ho letto ciò che ha scritto… non sono d'accordo. Quando vuole, le faccio vedere un paio di laboratori dove si stagiona e si affumica il vero prosciutto vigezzino". E tre!

Preparo una lezione sui prodotti tipici ed incappo in due scritti interessanti: "Sapori della provincia azzurra: guida enogastronomica e culturale ai prodotti tipici della Provincia del Verbano Cusio Ossola", edizione della Provincia del Verbano Cusio Ossola Assessorato al Turismo a Cura del Centro Internazionale di Documentazione Alpina "Terre Alte". Libretto distribuito negli anni in migliaia di copie. Pagina 22, paragrafo "Gli insaccati nel Verbano Cusio Ossola". Leggiamo che il "Prosciutto crudo di montagna – come già accennato i maiali vengono condotti in alpeggio, l'alimentazione dei pascoli conferisce alle carni consistenza e sapore davvero particolari". Oh bella! Come se i maiali magiassero l'erba!. Ma si va oltre: "Prosciutto crudo della Val Vigezzo. Tolto dalla salamoia il prosciutto viene appeso all'interno del camino per circa un mese, vien quindi trasferito in cantina per ritornare poi accanto al camino a stagionare". Capito? Camini, si usano i camini… ma dai! Semmaia, "si usavano"! E quattro! A pagina 197 di "Salumi di Italia Guida alla Scoperta e alla Conoscenza", Slow Food editore, Edizione del 2001 (un po' vecchiotta, lo ammetto. In quelle più recenti forse le cose sono cambiate). Ecco, dicevo, a pagina 197 vi è la scheda dedicata al "Prosciutto della Valdossola e della Val Vigezzo". In cui si dice, ascoltate: "L'allevamento dei suini in alpeggio. Questa usanza è il fondamento su cui si basa la particolare qualità dei prosciutti ivi prodotti. Durante la transumanza, i maiali sono condotti in alta montagna… etc etc… per il prosciutto dell'Osswola, le cosce sono rifilate, aromatizzate, poste sotto sale e poi lavate con vino aromatizzato da erbe. Asciugate, sono esposte per circa due settimane al fumo di legno di faggio, bacche di ginepro e altre essenze vegetali. Il prosciutto della Val Vigezzo è invece posto in salamoia per quaranta giorni. Si concia con sale, pepe, cannella, noce moscata, chiodi di garofano, rosmarino ed alloro. Dopo una prima affumicatura di un mese all'interno di un camino acceso (?), è appeso in cantina per un paio di settimane, terminate le quali si procede a una seconda affumicatura al fumo di legno di ginepro". Sembra la stessa mano di prima. Maiali in alpeggio!? Camini!? E cinque! Io non so se, quando le pubblicazioni uscirono, ci fu qualcuno che disse: "attenzione: distinguiamo fra storia e leggenda, fra realtà e fantasia!". Non lo so. Ma l'impressione è che, sul prosciutto ossolano, sul prosciutto vigezzino, la mancanza di chiarezza sia sovrana. Che qualcuno ne approfitti.

Lo ribadisco: per distinguere chi fa bene da chi fa male, ci vuole una certificazione. Una Igp o una De.Co.. Qualcosa. Altrimenti c'è poco da affondersi: i boh!? continueranno ad accompagnare le discussioni a tavola.E sei!

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