Ieri sera mi sono seduto ad una tavolata, di fianco a me una signora lombarda. Una relatrice del convegno di oggi. Ci ha detto, di fronte alla nostra curiosità, di essere celiaca (ecco perché non ha toccato l’amatriciana e si è fatta servire un altro piatto di pasta senza glutine) e, in aggiunta, vegetariana (ecco perché un’insalata invece delle costine di maiale servite a noi). Nessuno si è sorpreso. La signora è lombarda e viene da un’area in cui il numero di vegetariani cresce, così come quello degli intolleranti.
Stanotte, mentre mi lavavo i denti, mi chiedevo la ragione delle lotta contro la “carne” sintetica (prima o poi la UE dovrà definirla, cosa utilissima ditelo ai detrattori della forma delle zucchine ed amenità simili). Ho pensato: 1) un falso obiettivo per distrarre l’attenzione; 2) un regalo a certo mondo agricolo colpito dal duplice attacco: diminuzione dei consumi di carne e ricerca di eticità negli allevamenti; 3) “ginnastica” anti UE tanto per ritornare al punto 1.
Rimane il fatto che si consuma sempre meno carne e se mio padre mangiava la “fettina” a pranzo e a cena e arrosto/bollito la domenica, io non la compro e la mangio solo se vado a cena (cosa che capita una o due volte la settimana). Altri addirittura non la mangiano mai.
Più della “carne” sintetica dunque, la Coldiretti e il ministro cognato dovrebbero avere paura dei vegetariani: una minoranza in ascesa.
Più della “carne” sintetica gli interessati dovrebbero combattere le cause di questa disistima: gli allevamenti intensivi, la pubblicità ingannevole che si ritorce contro (dove sono le bovine al pascolo? Chi le vede?) e un consumo senza senso.