Un vino falena

Che vivano solo una notte (specie se vanno a sbattere contro le lampade brucianti) o settimane o mesi… la loro è comunque una vita breve. La vita delle falene. Una vita breve che però hanno anche alcuni vini: dei “vini falena”, appunto.

Uno l‘ho trovato nell’Osteria che Pier conduce con Paola, in alto sul Lago d’Orta. Un circolo, mica un’osteria stile slowfood: con i suoi alti (la cucina), i suoi medi (l’ambiente) e i suoi bassi (il vino). Il “vino falena” era il Castello d’Oro Piemonte doc Chardonnay 2007. Prodotto (imbottigliato) dalla FDB di Coccolato. Un’azienda che imbottiglia un po’ tutto, financo vini sardi e siciliani.

Questo chardonnay aveva poco più di un anno di vita, ma era già morto. Se lo annusavi, sentivi solo uno spento, un chiuso, un po’ d’alcool (12°, a proposito); in bocca era subito fresco, poi un poco morbido, poi ancora fresco. Retrogusto spiacevole, amaro e con un che di acerbo. Un vino spento, anzi: un vino morto, come le falena d’estate (ma quelle vanno a sbattere contro le luci!). Mi è sembrato veramente troppo poca l’età per accettare questa dipartita. Mentre guardavo la bottiglia (e Pier me ne portava un’altra, diversa, diverso vino), l’occhio mi cadeva su una scritta ambigua: “vino non da lungo invecchiamento”. Cosa significa? Forse sarebbe stato meglio scrivere: “da bersi subito, al massimo fra sei mesi”. Segnando però anche la data dell’imbottigliamento. Già, i “vini falena” sono così: vita breve. Ma era poi buono, da giovane? Bho… “ars longa vita brevis”…

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