Sospiro glassato di Basilicata all’Ais…

Sospiro glassato alla arancia di Tursi, Carrè di agnello delle Dolomiti Lucane arrosto, Strascinati di grano duro Senator Cappelli, Tartare di podolica, Sformato di pecorino di Filano… in abbinamento un Terre d’Orazio Rosé Basilicata Igt Cantina di Venosa, due Matera Bianco doc Cantine Cerrolongo e Cantine Dragone, tre Grottino di Roccanova igt Az. Collarino, Graziano e Cervino; un Terre dell’Alta Val d’Agri doc (nuovissima new entry!) Az. Pisani; e un Moscato Basilicata igt Clivius Patenoster… A distanza di settimane, trascrivo volutamente a caso i piatti e i relativi abbinamenti di una bella cena a cui ho partecipato il 28 aprile scorso, a Potenza, ristorante Giubileo. I piatti, proposti dal team dei Cuochi Lucani, erano realizzati con i prodotti tipici del territorio: arancia di Montalbano Jonico, miele lucano, agnello delle Dolomiti Lucane, pane di Matera, peperoni secchi di Senise, cacioricotta lucano, grano duro Senator Cappelli, carne di bovino podalico, olio e.v.o. del Vulture, melanzana rossa di Rotonda (di nome e di fatto), fagioli di Sarconi, pecorino di Filiano… i vini erano abbinati dai sommelier ais della lucania. Si è mangiato bene? Sì, direi. Peccato, però, che i prodotti siano introvabili e che i cuochi locali si siano lasciati andare ad uno scontato peana a favore della cosiddetta "cucina tradiazionale" contro la cosiddetta “cucina molecolare”: in realtà stanno entrambe costruendo -potremmo chiamare così- la “nuova cucina”. Che la stessa foga comune la impegnassero per far sì che i loro prodotti tipici si trovino, non solo al nord, dove vivo, ma anche nelle botteghe potentine… Mi sono dovuto infatti accontentare dei peperoni secchi di Senise, comprati a prezzo assai elevato, in una bottega del centro. E i vini? Mah, non sempre pari alle attese. Il Rosé profumava di fragola/ciliegia ed in bocca era fresco, magro, amarognolo sul finale (un po’ troppo). Voto sei. Il Grottino Graziano aveva un che di affumicato (ma sulla tavola gli altri commensali parlavano di “foxy”, di catrame… a me non sembrava), poi profumi pieni di frutta rossa con un che di cannella (tipo vin brulée per intenderci). In bocca era asciutto, fresco, amarognolo… strano. Voto sei. Il Terre dell’Alta Val d’Agri (mix di merlot e cabernet sauvignon) profumava –poco- di foglia di pomodoro, vegetale, amarene. In bocca era asciutto, con sensazioni polverose (non prendetemi in giro: proprio così!), corposo, equilibrato. Discreto. Voto sette. Per il mio vicino, professore del torinese, sei e mezzo. Il Moscato Basilicata, annata 2008, 7,5°, era un’interpretazione un po’ meno fragrante (un poco più sciropposa, mi verrebbe da dire) del moscato piemontese. Buono, dolce. Nei giorni successivi, mentre seguivo i lavori della competizione per il Sommelier Junior 2009 (qualche appunto sull’organizzazione lo avrei fatto: mancanza di una figura di riferimento per le scuole, troppa importanza alla teoria e meno alla pratica, poca attenzione allo stile del servizio…); dicevo, mentre seguivo i lavori, mi è capitato di assaggiare altri vini della Basilicata e non. Vini come il Greco di Tufo Macchialupa 2007, 13°, un vino ottenuto da una lunga macerazione sulle bucce, come si usa oggi. Criomacerazione, credo. Un vino dal colore pieno, un colorone, e dai profumi resinosi, di mandorla… in bocca è corposo, sciropposo, un poco marsaleggiante, amarognolo sul finale… vino strano, poco vino bianco. Voto sei. Il Terre di Orazio 2008, Basilicata igt, Cantine di Venosa, profumava di ciliegia e di fragola. In bocca era amarognolo, magro, con lontani sapori di frutta. Voto sei e mezzo. Il Terre dell’Alta val d’Agri del 2007, Pisani, 14°, era un bel vinone che sapeva di legno, di bruciatura di amarene (come se sul fondo del pentolino avessimo fatto attaccare un poco di marmellata di amarene: capita?). In bocca era asciutto, caldo, non molto corposo. Meglio che al naso. Note di frutta sul fondo. Se lo lasci nel bicchiere, però, migliora assai anche il profumo. Voto sette. Sette e mezzo, dopo una decina di minuti.Il Fiano di 2008 Bianco di Corte (12,5°) Paternoster aveva profumi un po’ fumée e poi di biancospino. Un bouquet ricco. In bocca, invece, era fresco ed equilibrato, corposo, lungo. Ottimo. Voto otto. Mi ricordava quasi quasi un vino della Borgogna. Alla cena di gala, al Grande Albergo di Potenza, ho segnato due Aglianico del Vulture. Il primo Le Clementine 2004 (13°) aveva un discreto passaggio in barrique, dodici mesi, anche se in legni di secondo passaggio. Il legno si sentiva comunque, lasciando poi spazio nel naso ad un ricordo di frutta rossa, di caramella alla mora e –poi- di caffé e di tostatura. In bocca era morbido, quasi dolce, con una discreta freschezza a bilanciare. Il migliore vino fra quelli assaggiati nei tre giorni (ma due di viaggio, che dura arrivare a Potenza!). Voto? Otto e mezzo. Lo avrei gradito con meno dolcezza. Però assai buono. Il secondo Aglianico era l’Eubea 2005 Cava dei Briganti (14,5°). Niente barrique per questo vinone che profumava di fumo, di tabacco di lontana frutta rossa (amarene, ciliegie…). Profumi assai legati fra loro, in cui sembrava di avvertire un che di macerato. In bocca era asciutto, amarognolo, caldo e decisamente bruciante in gola… Mentre tornavo in treno da Potenza (circa 14 ore di viaggio. Con lo stesso tempo si arriva in Africa centrale, in aereo. Pensavo Ma loro no! In Basilicata non hanno aeroporti… malefici isolani!) pensavo ai prodotti e ai vini assaggiati. I prodotti sono introvabili e non tutti i vini erano stati all’altezza dell’ais. Ma forse erano stati regalati e a “caval donato” non si guarda “in bocca”. Speriamo che non si comportino così anche con le loro guide!

Visite: 996

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *