Sono stato al salone dei libri a Torino: un disastro. Gente ovunque, file, impossibile accreditarsi come giornalista in loco, costo del biglietto assurdo… E tu poi ti chiedi? Ma se siamo così pochi a leggere, perché c’è tutta questa gente? Un po’ di risposte le trovi guardando le file e sbirciando nelle borse, poche, coi libri. Molta gente è lì per gli avvenimenti, per vivere, anche solo una frazione a contatto con un “divo”. File per Zero Calcare, file per Barbero… file. Ma pochi libri comprati e pochi, ahimè, letti.
Io nelle poche ore in cui sono stato ho comprato quattro libri, ma non lì: li ho fotografati e li ho ordinati via whatsapp alla mia libreria di Omegna. Credo che un negozio aperto sia una ricchezza e dunque niente libri sulla rete, ma solo in loco.
Vorrei stare più ore al Salone ed avere però uno sconto come lettore forte (cosa che io sono). A me non interessa il divismo, semmai le idee.
Bella l’idea dei vini “naturali” (fra virgolette perché è solo una definizione e non una realtà), anche se mancavano delle sedute e delle coperture adeguate.
Insomma, i libri e il vino mi piacciono, ma il Salone dei divismi non mi piace. Anche se nel dirlo mi sento un po’ snob, cosa che non vorrei essere.