“Ma è un barolo!”. No non lo è: si tratta di un puro Raboso del Piave doc Sangue del Diavolo 2017 di Ca’ di Rajo. Giuseppina tentenna, “sì è vero, somiglia… forse”. Somiglia perché potente, passato un poco in legno, uve surmature; strutturato ma diverso. Al naso profuma di ciliegie, di amarene, di piccoli frutti scuri. Promette dolcezza. In bocca invece è potente, pieno, caldo (14°), aspro sul finale più che tannico. Il bicchiere è pieno di colore. Buono. Mi è piaciuto. Esempio mirabile di come un vitigno tradizionale, anche un po’ negletto, può essere trasformato in altro. Buono.
L’ho incontrato l’altro giorno durante un virtual tasting organizzato dal Consorzio Vini Venezia e l’ho apprezzato come ho apprezzato gli altri due vini: il Manzoni bianco doc Piave di Pizzolato e il Cabernet 2017 Piave doc di Antonio Facchin (80% sauvignon e 20% franc). Tutti e tre i vini avevano qualcosa da raccontare oltre all’assaggio: parla di storie del passato e vigneti tradizionali bellussera il primo; biologico e attentissimo all’ambiente il secondo; lunga tradizione per il terzo. Da conoscere, un buon incontro.
Quanti anni può invecchiare ancora il Raboso? “Molti, forse non come un barolo ma molti”.