Quattro a due…

Beato lui, il Raspelli nazionale che dice, su “La Stampa” del 7 aprile scorso, essere finite le “grandi abbuffate”. Almeno lui le ha fatte. Può ricordarle. Ora può dimagrire con coscienza e noi rimanere stabili con le nostre pancette. Però ha ragione quando dice “I ristoranti sono vuoti, altro che, a mezzogiorno è desolante…”. Con alterne fortune è così, anche se non ovunque. È la crisi e il prezzo fa la differenza. Non sono d’accordo invece quando dice che “Chi va al ristorante non prende tutte le portate, le grandi abbuffate non esistono più e anche chi le può fare, per questione di portafoglio, se ne vergogna e rinuncia”. Qui intervengono anche fattori di stile di vita, di logica troppo domenicale del nostro pranzo (antipasto, primo, secondo e dolce), di imitazione del fast food (un piatto-panino che si combina liberamente). Sono anni che la ristorazione classica si deve affidare a camerieri abili (io prendo un primo e un dolce, io un antipasto al posto del primo e poi un secondo etc etc) o ad imitazioni del fast (self service, spaghetterie, pizzerie, tigelle, piadine, zuppe…). Sarebbe ora di mettere mano ad una rivisitazione del pranzo, riducendolo a due portate: una forte ed un eventuale dessert; un piatto unico con contorno annesso… stile nordico… Quattro portate sono troppe calorie. E poi, certo, quattro portate è anche una questione di soldi.

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