Privacy chi era costei?

C’è stato un tempo in cui a scuola si discettava “dottamente” sulla privacy: via i voti dai tabelloni, via le discussioni in classe alla consegna delle pagelle… addirittura non si sarebbe dovuto dire ad alta voce il voto di un tema o di un’interrogazione. Ricordo di aver dottamente discusso con mia cognata legulea sul diritto immateriale alla privacy: lei convinta sostenitrice di un allargamento dell’ambito, io impaurito dalla dilagante mania… Poi i tempi sono cambiati ed alcune contraddizioni sono state superate: un ragazzo dislessico ha diritto alla privacy ma quando appare un computer in classe tutti capiscono; il professore ha diritto di commentare un voto a voce alta perché può aiutare gli altri nel migliorarsi, i voti sui tabelloni sono riapparsi (tranne per i bocciati). E così via

Mi veniva in mente tutto questo castello di polvere, l’altra sera, mentre ero seduto ad un minuscolo tavolino di una birreria nella bassa Ossola. Ero lì per raccogliere le confidenze di una amica in crisi e per scambiarci opinioni sulla scuola e cosucce del genere. Avremmo dovuto farlo, ma eravamo gomito a gomito con un coppia di conoscenti e non ci è parso il caso di parlare dei fatti nostri. Vero è che c’era una musica assordante e che non ci sentivamo fra noi, figurarsi se ci sentivano i vicini, ma la paura di dire i fatti nostri a dei semi-sconosciuti ci ha fatto parlare del più e del meno. E velocemente consumare ed uscire dall’improbabile locale. Che era –sia detto per onestà- pieno pieno in giornata infrasettimanale. Ma io ne sono rimasto assai deluso: spazi angusti, niente attaccapanni, violazione palese della privacy… Dovrebbero mettere un cartello all’ingresso: ATTENZIONE gli spazi ristretti del locale non permettono una corretta gestione della privacy. Si prega non parlare di cose che potrebbero recare danno per sé o per terzi!

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