Mauro e il grifalco

Mauro e il suo grifalco li ho incontrati in un bel locale nuovo, All’Osteria di Brovello Carpugnino: entrambi mi sono sembrati in ottima forma. Lui sempre a dividere il suo impegno fra vino ed elettronica; l’altro, vino dal nome mitologico (fantasy, direi. Sui libri dei simboli non ne ho trovato traccia. Un’invenzione onirica moderna, dunque), in versione 2005. Il suo creatore, Fabrizio Piccinin così ne parla, in generale: “dalla Toscana attraversando l’Italia verso sud, alla ricerca di luoghi dove ancora resistono nelle sapienti mani di vecchi uomini pochi vigneti di oltre cento anni, mi sono fermato nel Vulture. Oggi ne coltivo 16 ettari, alcuni di oltre mezzo secolo ed altri fra i dieci e i trenta anni. Fra pochi anni, anche lì i reimpianti saranno pressoché totali, ma i vigneti che ho acquistato ora saranno conservati, e con essi una tradizione millenaria che rischia la scomparsa. Ed è forse lì che la decisione del rispetto è stata presa: lasciando anni dopo la Toscana del ridondante marketing, ho ritrovato nell’Aglianico l’uva, il territorio, me stesso e il vino".grifalcoEd io come l’ho trovato, nel particolare? È un vino, un aglianico del vulture doc con 13,5°, dai profumi abbondanti che mi ricordavano il tabacco, le spezie (sì, ma quali?), niente frutta… forse, infilando bene il naso e facendo viaggiare la fantasia… sì, un poco lontano il bouquet della frutta che si confonde con delle piacevoli note di dolce. E il gusto? In bocca era asciutto, corposo ed equilibrato; sapeva di composta d’uva, d’amarene/ciliegie, un che di speziato, di tabacco… bel vino. Però più che un grifalco (leggero e pungente), un centauro (grosso e potente).

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