Le Sagre, il maresciallo Brontolo ed io…

Parto per il mare con il maresciallo Brontolo: macchina carica di attrezzature, elettrodomestici e sigarette… Destinazione Leivi, sopra Chiavari, in un giorno di luglio. Pochi giorni fa. Una seconda casa ha bisogno di restiling ed io mi sono prestato come forza bruta. Alle nove di sera finiamo. Il ristorante sotto casa è aperto, ma sta servendo gli ultimi avventori e ci dice che “la cucina è chiusa”. La signora ci guarda come fossimo degli sprovveduti, dei “provincialotti”… il suo sguardo ci imbarazza e anche il maresciallo Brontolo cede e si giustifica: “siamo arrivati tardi”, “la prossima volta verremo prima”. Lui che morde sempre. Io giro lo sguardo e penso alle polemiche della scorsa estate, da noi: “alle nove non si può mangiare da nessuna parte… altro che turismo! Etc etc”. Anche il Liguria, dunque, le nove sono un baluardo. I turisti seguano le regole e se sono “spagnoleggianti” s'arrangino altrove. Prendiamo la macchina, a stomaco vuoto, e andiamo in un ristorante consigliatoci da un amico poche ore prima. Lo troviamo ed ecco, la sorpresa: è chiuso per riposo. Ma non è alta stagione luglio in Liguria? Boh. Vaghiamo in auto verso Chiavari. Incappiamo in un paio di pizzerie piene e poi, luminosa, ci appare una Sagra. Ci fermiamo, spostando l'auto più volte (lavano le strade dalle dieci alle undici, pensa un po') e mangiamo un che di cibarie poverelle: pollo alla piastra, totani fritti, patate fritte… piatti plastica, tovaglioli e biccheri di carta, posate monouso e signora volontaria a servirci. Beviamo un vinello assai “scrauso” che la mattina dopo si fa sentire. Maledizione! Eppure siamo stati bene e con noi centinaia di persone: c'era folla, si parlava con il vicino, si ascoltava musica “da balera”. Spesa media, sui quindici euro. E poi, finita la Sagra, verso l'una abbiamo fatto un giro in centro ed era un po' tutto chiuso e buio.
Il giorno dopo, visitiamo un mercatino dei contadini a Ne e ci fermiano in una cantina locale a comprare ciliegiolo e vermentino e bianchetta. Sui muri scopriamo che la zona è tutta un fiorire di Sagre: alcune pretenziose, su prodotti e piatti tipici; altre semplicemente Sagre. Alla sera andiamo in quella di Leivi (il giorno dopo, c'era il premio per il miglior olio evo della zona: una bella iniziativa) e lì assaggiamo un vinello un poco meglio e un piatto di carne (pancia di manzo) cotta secondo la tecnica dell'asado: anche qui patatine industriali, carta e plastica, servizio volontario. Anche qui musica, folla, giochi per i bimbi, prezzi contenuti… nulla di sconvolgente dal punto di vista della cucina, ma siamo stati bene anche lì. In Liguria -e in tutta Italia- le Sagre arricchiscono e promuovono. Ma non fanno certo concorrenza ai ristoranti che hanno un'altra cucina, un altro servizio, altri vini… altra flessibilità oraria. Le polemiche di questi giorni mi sembrano fuori bersaglio. La crisi della ristorazione ha certo altre cause: fabbriche chiuse, lavori saltuari, redditi diminuiti… In questo periodo, dunque, i ristoranti un po' di “sagra” la dovrebbero (e molti lo fanno già) fare anche loro.

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2 thoughts on “Le Sagre, il maresciallo Brontolo ed io…

  1. Il maresciallo Brontolo è pienamente d'accordo, ma puntualizzo che alle nostre sagre si beve meglio e si mangia con più fantasia (lumache, rane, etc etc) grazie alle pazzie che facciamo.
    Al prossimo brindisi con Ortrugo.

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