La grana del melograno

Al maschile le piante, al femminile il frutto: la regola c’è, ma tante sono le eccezioni. E forse per questo l’errore è dietro l’angolo. Il succo “d’arancio” ne è la prova: che si sprema il tronco, che si decottino le foglie? O forse si intende “succo d’arancia”? Probabile… Eppure è un errore assai comune.
Ma ancora più comune è il “succo di melograno”, altra squisitezza: tronco? Foglie? Oppure s’intendeva “succo del frutto dell’albero di melograno”, cioè la melagrana. Nome, confesso, un po’ difficile, con tanti rimandi fonetici, non sempre positivi: malagrana, melograna, grama, melagrama, menagramo…
Per cui, più adatto sembra “melograno” anche per indicare il frutto. Come avviene già in tanti altri casi: ribes, mirtillo, ananas, mandarino, cedro… Può darsi che in futuro si giochi questa carta. Ma per ora si dovrebbe distinguere fra “melograno” e “melagrana”. Cosa che non si fa sempre.
Ultimo fra i tanti casi passati sotto i miei occhi, la ricetta che Massimiliano Celeste, una stella Michelin, ha regalato ai clienti di un locale supermarket: il Cappone di Morozzo (ma guarda un po’ che coincidenza!) ripieno con castagne, melograno e funghi. Qui l’errore (o volontà) è palese, come dimostra anche la lettura della stessa: “Frullare i chicchi di melograno”… Niente corteccia, né foglie dunque… solo un errore e assai comune, visto che neppure l’editor del ricettario si è accorto di tale scivolone semantico.
La grana del menagramo, ops… del melograno!

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