Genuflessi davanti al creatore

Per ragioni che non posso dire, ho visitato quattro pizzerie gourmet del Piemonte. Si tratta di una bella evoluzione della vecchia pizzeria “io sono italiano e non so cucinare nulla e non ho cultura gastronomica ma apro comunque una pizzeria e la chiamo in modo evocativo”: no, in questo tipo di pizzeria, non c‘è nulla di casuale. A scegliere sono il boss o il pizzaiolo e non il fornitore. È un’esplosione di farine integrali, ricercate, particolari; di lieviti madri e tempi lunghi; di mozzarelle con carta d’identità; di pomodori dolci; di birre artigianali; di creatività legata al tipico, al presidio Slow Food, ai prodotti ricercati; di dolci fatti in casa; di vini ottimi al bicchiere… Una goduria!

Una goduria vera, che ti riempie di piacere e di ammirazione per tanta intelligenza, cultura, dedizione… per un prodotto per anni così sputtanato. Però…

Però, nelle quattro pizzerie da me incontrate (tutte note e su guide e con valutazioni altissime) c’è poca attenzione per il cliente. Tutta l’attenzione è sul prodotto creato, sulla pizza intendo. I locali sono generalmente scomodi. Belli ma scomodi: spazi piccoli, tavoli piccoli, niente attaccapanni, sedie scomode… sembra di essere in una metropoli anche se si è in campagna. Il padrone diventa la fretta e la convivialità è ridotta dalla mancanza di spazi, dalla scomodità delle sedute… si mangia rapidi; si discute di poco per evitare di essere ascoltati da estranei; si contendono gli spazi con giacche, cappelli e borse… è come essere in un tempio, genuflessi di fronte alla nuova creazione: la pizza gourmet; e al suo creatore.

Tutto molto figlio dei tempi: velocità, scarso dialogo, sudditanza, esaltazione dell’individuo creatore… Bah!?

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