L’Importanza di Chiamarsi Enrico
Era il migliore fra noi, ai tempi delle scuole medie. Un leader naturale, carismatico; uno con le idee chiare sia con le ragazze sia con il futuro. Era fotografo, fotografo premiato. Era curioso, era brillante, era volitivo… era Enrico Cavicchio. La sua era una famiglia sveglia, anche troppo per i canoni di allora. Io non lo ero. Perché mi frequentasse non lo so: io un lento bombolone asessuato, lui così veloce… Ho pagato lo scotto, ho capito dopo molte cose… ma lo ricordo comunque con piacere. A sedici anni era già imprenditore. Negli anni del liceo lo immaginavo già arrivato, di successo… Invece l’ho rincontrato sporadicamente negli anni e le cose non erano state così: un lato maudit della sua personalità aveva preso il sopravvento e lo aveva trascinato in giù, verso il basso. Il ragazzino eclettico e volitivo era diventato un adulto pieno di problemi e senza successi apparenti (ma ha avuto una moglie e due figli ed immagino, mi auguro, che almeno per un po’ abbia trovato pace). Poi è morto, in silenzio, senza ricordi pubblici, lontano. Ed io lo penso ancora come il ragazzino luminoso con cui giocavo a lanciare missili ed aerei nei prati intorno a casa mia. Mi ricordo: io assolutamente confuso e lui così apparentemente lucido. Chissà se già allora si agitavano dentro di lui le tempeste che lo hanno perseguitato per anni? Chissà… Addio.

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