Emanuele Gnemmi e la Libia

Il collega Emanuele Gnemmi, cuoco convertito al marketing, è diventato direttore della cucina de La Cucina Italiana; e Stefano e Stefania (due comuni amici assonanti) sono andati alla sua “intronizzazione”, portandomi in visione copia dei due ultimi numeri della bella rivista. In una delle due come inserto la copia anastatica del numero 1, Anno I, 15 Dicembre 1929 (VIII) della suddetta. Rivista formato lenzuolo, carta giallina da quotidiano, tanto testo e niente foto. Moltissime ricette. Fra cui una curiosissima di Braciole alla Libica e in Altre Saporite Trasformazioni.
Incuriosisce, perché proprio in questi giorni di Libia si parla assai. Facendo anche ripensare i rapporti coloniali e post coloniali (è colpa nostra se oggi la Libia è un “non Paese”? ci saremmo dovuti comportare diversamente in passato? che responsabilità abbiamo oggi? e se fossimo rimasti noi là: peggio o meglio?) . La ricetta inoltre sembra pura fantasia, senza nessun rapporto con territorio, tipicità, tradizione, chilometro zero… insomma, nessun contatto con i temi della modernità. Pura fantasia. Alla Libica? Boh!?
Ma eccola: “Cercate bricioline di carne tenera: immergetele nell’uovo, sovrapponendo a ogni briciolina una fetta di prosciutto grasso e magro della stessa dimensione. Ricupritele di pan grattato, facendo aderire alle braciole il prosciutto. Non mettete sale e fate rosolare al burro dalla parte dove non è il prosciutto. Distendetele poi sul prosciutto alcune fette molto sottili di parmigiano: e finite di cuocere col fuoco sopra. Prima di servire, vi getterete sugo di pomodoro”. La Ricetta prosegue poi con due varianti (più che altro altre ricette) con carne di vitello. Ma della Libia, anche in questi casi nulla. Cosa c’entrasse dunque non è dato sapere.
Certo che la cucina, anche se apparentemente simile, era davvero altra cosa rispetto ad oggi. Non certo di sapori ma di consapevolezza.

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