Da gavi a gavi

Passo in sala e un mio collega, Enzo, sta facendo lezione di degustazione ai ragazzi di terza: sorrisetti, ammiccamenti… profumi? ma dove?… stesse facce e stesse battute dei corsi per sommelier.
Stanno assaggiando un gavi docg 2005 dei Marchesi di Barolo: un vino dai profumi lievi così come il bouquet che ci ricorda agrumi (cedro?), le mele verdi, fiori… Assaggio; ed ecco un corpo leggero, buon equilibrio con freschezza (acidità) in evidenza. Un buon vino, da antipasti, pesce, piatti di carne bianca… Non male per le dieci del mattino.

Nel pomeriggio, capito a casa di amici i quali mi vogliono far assaggiare un vino che qualcuno –non ricordo chi- ha portato a casa da un viaggio nelle Langhe: si tratta –coincidenza- di un gavi docg. Un gavi 2005 di Michele Chiarlo. Assaggiamo, sorridendo per la coincidenza e il possibile raffronto.

Il gavi di Michela Chiarlo è più profumato; il suo bouquet è semplice come quello del primo, ma invece di mela e agrumi si sentono frutti a polpa gialla molto maturi, poi il melone bianco e, in fondo, la mela. Nessun profumo che ricordi gli agrumi. In bocca si sente più corposo del primo, con un equilibrio che ha sacrificato molto della freschezza. Per i miei gusti, anche troppo. Ma come fanno? Malolattica? Concentrazione? Surmaturazione? Maturazione fenolica anticipata? Ah, a proposito: aveva solo 12 gradi.

Abbinamenti? Aperitivo, primi piatti acidognoli, agrodolci…

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