Ho ricordi vaghi, quasi un sogno: decine di anni fa, io ed Andrea di Genova, lasciamo la macchina a Levanto e ci avviamo per il sentiero delle Cinque Terre e, tappa dopo tappa, in una Pasquetta lontana lo facciamo quasi tutto. Incontriamo poca gente e nel paese in collina entriamo in una cantina ad assaggiare il vino. Negli anni dopo, vado più volte alle Cinque Terre in treno o in autostop. Ho dormito ovunque: sulla spiaggia, in un oliveto, a casa di amici, nella sala d’aspetto della stazione (albeggiava e sul mare si abbattevano i fulmini… spettacolo!) ; si faceva anche il bagno, ma per lo più si cantava con la chitarra, si beveva, si fumava. Ci sono stato d’estate, d’inverno (tutto chiuso, pochi che vagabondavano), in autunno. Ci sono poi andato sulla “via dell’amore”, non ricordo con chi, l’ultimo pezzo, quello che non feci con Andrea. Ho tanti ricordi delle Cinque Terre e dunque ho accettato volentieri l’invito di Paola di percorrerne i sentieri, ancora una volta per Pasquetta e, con il senno di poi, forse sarà l’ultima volta. Io sono invecchiato e il mio tempo accorciato, poi la località è afflitta dall’overtourism, una malattia dei nostri tempi: i paesi sono strapieni, cari e pieni di locali per turisti; i sentieri sono un poco meno affollati, a pagamento, ben tenuti. Ma davvero tanta gente in giro. Anche una coppia di zingari che strimpella una fisarmonica e chiede l’elemosina lungo lo stretto sentiero sul mare. Come essere a Milano. Avvisi contro i borseggiatori nelle stazioni. Tanta gente. Le Cinque Terre soffrono dello stesso male di tante altre località italiane. Di tante realtà anche intorno a me. Una modernità che si è mangiata in un colpo solo tutti i miei ricordi, relegandoli nel passato che non torna: come la fidanzatina del liceo, l’aperitivo domenicale ad Orta San Giulio, le persone incontrate con l’interrail… le Cinque Terre di allora… Sempre che siano mai esistite e non siano frutto dei miei ricordi.
Il Paese che Non c’è Più
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