Cile vs Ghemme

Dopo la degustazione, il famoso disegnatore Silver di Lupo Alberto ha firmato alcuni disegni per i fan
Dopo la degustazione, il famoso disegnatore Silver ha realizzato alcuni disegni per i fan

Cile vs Ghemme

Ma va là! Ci voleva proprio il Carnevale per inventarsi storie simili: fare una degustazione comparata fra tre vini cileni e tre analoghi (ma proprio poco) vini della zona di Ghemme, sulle Colline Novaresi. La causa è stata data dalla maschera carnevalesca di Ghemme, che -secondo tradizione- viene dalla Patagonia, che un pezzo è anche del Cile. Ma dove vini non se ne fanno.

I vini cileni vengono fatti infatti in una fascia lunga circa 1400 chilometri che inizia sopra Santiago. Ribaltando il Pianeta, i vigneti stanno sui paralleli analogamente al nostro Nord Africa. Però c’è l’effetto dell’Oceano e l’aria fresca, le Ande, la mancanza di filossera, l’estate siccitosa, i vitigni internazionali, le molteplici immigrazioni: Spagna, Italia, Germania… l’arrivo delle aziende mondiali: Torres, Concha y Toro, Mondavi… il panorama è assai vario così come vari sono i terroir. I vitigni sono soprattutto quelli internazionali, ma tutto è assai pragmatico e votato all’esportazione (14mo posto nella produzione ma 5 nell’export). Le regole sono semplici: se indichi la zona, almeno il 75% delle uve deve venire da lì; idem, per l’annata, idem per la tipologia, almeno il 75% delle stesse uve… Vini assa alcolici, ma stanno cambiando in favore di vini meno alcolici e anche un po’ bio… Il carménère è il loro vitigno-bandiera.

Noi abbiamo assaggiato uno chardonnay 2011 Los Vascos (14°), dai profumi ricchi, buoni, complessi e assai scontati. In bocca morbido, con buona freschezza e alcol che brucia in deglutizione. In parallelo, un colline novaresi bianco (uva erbaluce) 2011 di Rovellotti. Un vino più vegetale e meno suadente del primo. In bocca però assai più fresco e, stranamente, corposo (12°). Non male. Poi si sono assaggiati, in parallelo, un cabernet sauvignon Los Vascos del 2010, 14° e una vespolina Torraccia del Piantavigna del 2009, 12,5°. I profumi del primo erano erbacei e in bocca peperone pieno, vino corposo e con leggera nota amara sul finale. I profumi del secondo erano più delicati, si aprivano più lentamente e ti ricordavano spezie, pepe… In bocca, asciutto, di corpo medio. Anche qui, meno scontata la vespolina. Ma certo che quel cabernet sauvignon non delude nessuno. Già pronto. Ora. Subito. Chiudeva la strana sfida, un accoppiata carménère e ghemme: il primo un De Martino 2010, 13,5°. Un vino dai profumi iniziali selvatici, poi -mano a mano che si apriva- erbacei, quasi da cebernet franc. In bocca era asciutto, amarognolo sul finale; il secondo un ghemme docg Platinetti del 2007. Profumi fitti dove si riconosceva a stento la viola, più fiori secchi, alcol. In bocca era fresco e corposo. Piacevole.

Che dire della sfida? Che è come paragonare -si dice- mele e pere. Nel loro genere sono infatti diversamente piacevoli. I vini cileni sono costruiti per essere subito pronti e subito apprezzati. Peccano, dunque, di uniformità e monotonia. Ma non deludono mai. I vini di Ghemme (ma in genere quelli italiani) sono di norma sorprendenti, difficili da catalogare, non perfetti, forse perfettibili… si gioca con altre regole. Il gioco è diverso. Meglio il nostro o meglio il loro? Io preferisco il nostro…

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