C’è da essere confusi

C’è da essere confusi, quando si mangia il pesce: da una parte infatti ti invitano a consumarne di più, perché ricco di vantaggi dietetici e nutrizionali; dall’altra ti dicono che, però, devi stare attento perché tutto ciò ha un elevato costo ambientale.
Leggo infatti sul sito http//ec.europa.eu/fishieries/inseparabile/it che per le “generazioni future” il consumo di pesce sarà impossibile se attueremo delle “piccole azioni quotidiane”. Per esempio “consuma specie del Mediterraneo più sostenibili, come ì… lo sgombro o il sugarello”, assaggia “specie poco note”, assicurati che il pesce “non sia inferiore alla taglia minima legale”, aggiungi alla tua alimentazione il pesce “allevato in modo sostenibile, come la trota iridea, la spigola (o branzino) e l’orata”, non “consumare piccoli calamaretti o seppioline o polpetti che sono pescati da reti non selettive”.
Leggo inoltre che “il consumo di prodotti ittici in Italia è di circa 25,9 kg pro capite all’anno, “la media europea è di 23,1 kg, con variazioni comprese tra i 5,3 kg pro capite in Ungheria e i 56,7 kg in Portogallo”; che “tre quarti dei prodotti ittici consumati nell’Unione Europea sono di origine selvatica”; e leggo pure che, cosa sorprendete, “anche se esistono oltre 20 specie di prodotti ittici ampiamente disponibili in Europa, il 42% dei consumi si concentra solo su sei: tonno, merluzzo, salmone, merluzzo giallo, aringhe e cozze”; ovvio, poi, che in Europa importiamo più pesce di quanto ne produciamo”.
Allora, sì al pesce, ma meglio se: sia da allevamenti certificati, da pesca locale, da stock non a rischio… E non è poco da ricordare. D’altra parte una volta si diceva che il pesce fa bene al cervello!

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