Il mio amico Gabriele Di Francesco aveva ragione nel definire gli arrosticini quanto di meno sincero ci fosse nell’enogastronomia abruzzese. Me lo spiegò con logiche e fatti, da professore quale era: si tratta di un’antica preparazione abruzzese, quando c’erano pastori e pecore; presa in prestito (rubata?) dalla produzione industriale di massa e trasformata in un prodotto “pop”, senza identità, al pari delle patatine fritte e del pesce a bastoncini. Una tradizione reinventata, verrebbe da dire, che nulla dà all’Abruzzo, se non un po’ di fama, ma sinistra, che prima o poi sarà di dominio pubblico: chi fa gli arrosticini? Con carni provenienti da dove? Le risposte sono tristi: carne che supera gli oceani, allevamenti poco etici, produzioni nazionali ed internazionali… all’Abruzzo non rimane nulla, infatti. Se fosse diverso, sarebbero infatti ancora molti i pastori nella regione. Invece non ci sono quasi più, mentre gli arrosticini sono ovunque e prodotti da chiunque ovunque…Ben ha fatto Slow Food Abruzzo a ricordare queste cose. Leggete qui e qui. La politica locale prenda atto e cerchi di riparare il riparabile.
Aveva Ragione Gabriele

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