Tre Gatti per Strada

“E’ vero che vicini hanno capito che era successo qualcosa vedendo i suoi gatti in cortile?”. “L’ho letto anch’io ma non posso dirle nulla: ci sono indagini in corso”. Credo avesse detto il vero: la sua faccia era così inespressiva e faceva il paio con le pareti spoglie e i calendari dell’Arma appesi alle pareti. Un ingranaggio, ho pensato. Niente altro che un ingranaggio. “Dall’esame del cellulare della Signora abbiamo visto che voi vi sentivate spesso…”. Stringo le spalle e rispondo: “ci sentivamo infatti, direi: saranno due anni che non ci vedevamo più”. “Ma di che tipo era la vostra conoscenza?”. Abbasso gli occhi e concentro i pensieri: “siamo stati molto vicini per un paio di anni, direi amanti. Ci incontravamo in luoghi a metà strada. Si faceva un po’ di turismo, si andava a cena e poi si dormiva insieme”. Eravate fidanzati? “Non proprio. Più amanti/amici che altro: io non ho mai chiesto nulla e neppure lei. Però ogni giorno ci sentivamo al telefono”. “Eh sì, abbiamo visto”. Il pensiero va a quel castello, a quella stanza altissima e alla sala colazioni immensa… “Perché non vi vedevate più?”. Ripenso: “diciamo che il meccanismo sembrava essersi inceppato e qualcosa era già cambiato fra di noi. Lei forse voleva qualcosa di più ed io non ho capito (o forse non ho voluto capire) e lei ha semplicemente smesso di farsi trovare. Io in quel periodo stavo male. Era un brutto periodo e ho semplicemente lasciato stare”. “No ha provato a cambiare le cose?”. Ci penso, stringo e le mani e cerco le parole: “diciamo che ci ho provato, forse senza troppa convinzione… amor proprio forse o forse la consapevolezza recondita che in realtà non l’amavo con trasporto…. ha presente la teoria dei “non luoghi”?”. “No non davvero: di cosa si tratta?”. “Si tratta di luoghi in cui noi transitiamo, che non sono “nostri”, non appartengono al nostro vissuto, alla nostra quotidianità… sono luoghi belli come gli aeroporti, le stazioni, i centri commerciali… ecco lei era come un “non luogo”: bella, luminosa… ma non era un mio “luogo”. Non so se capisce”. Mi guarda e ammicca: “Sì sì ho capito bene: un’amante”. Forse sì, penso. Ma anche qualcosa di più. Ma taccio ed ascolto. “E dunque lei l’ha lasciata e a voi è pesata questa scelta… avete cercato di farle cambiare idea? Siete andato da lei? Avete cercato di riallacciare?”. No, ecco. Ora è meglio tacere e non cercare di spiegare più nulla. Ma prima: “no non era un’amante, era un’amica”. Meglio non usare le immagini che mi passano nella testa: “un fiore, un segreto, uno scrigno”. Stare zitti è meglio. E pensare a quei tre gatti nel cortile che stanno già cercando una nuova casa. “No davvero, sono stato sconvolto dalla notizia e davvero non so chi e perché lo abbiano fatto. Sono addolorato. Io non ne so nulla”

“Posso andare o sono trattenuto?”. “No, vada pure. Se serve la ricontatteremo. Arrivederci”. 

“Adieu, goodbye, auf Wiedersehen” fischiettavo mentre uscivo e col pensiero al castello in cui solo noi due, per sempre, vagheremo.

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