“La Posca era una bevanda in uso nell’antica Roma che, per via della sua economicità, era diffusa presso il popolo ed i legionari. La si ricavava miscelando acqua e aceto, ottenendo così una bevanda dissetante, leggermente acida, e dalle proprietà disinfettanti. Marco Gavio Apicio, a cui è attribuito uno dei più famosi trattati sulla cucina dell’antica Roma (De re coquinaria su Wikisource) utilizza la posca come ingrediente di alcune sue ricette.
« Sala Cattabia. Piper, mentam, apium, puleium aridum, caseum, nucleos pineos, mel, acetum, liquamen, ovorum vitella, aquam recentem. Panem ex posca maceratum exprimes, caseum bubulum, cucumeres in caccabulo compones, interpositis nucleis. Mittes concisi capparisminuti iocusculis gallinarum. Ius profundes, super frigidam collocabis et sic apones. »
(Apicio, De re coquinaria, liber IV, I, 1)
Quando a Gesù, agonizzante sulla croce, venne offerto aceto dai soldati romani, probabilmente si trattava proprio di questa bevanda: questo indurrebbe a ritenere che essi abbiano compiuto un atto misericordioso e non un accanimento nei suoi confronti.
« Dopo questo, Gesù, sapendo che ogni cosa era stata ormai compiuta, disse per adempiere la Scrittura: “Ho sete”. Vi era lì un vaso pieno d`aceto; posero perciò una spugna imbevuta di aceto in cima a una canna e gliela accostarono alla bocca. E dopo aver ricevuto l`aceto, Gesù disse: “Tutto è compiuto!”. E, chinato il capo, spirò. »
(Vangelo di Giovanni 19, 28-30). (Wikipedia, voce Posca)
La consuetudine di bere acqua, aceto e zucchero è rimasta viva nelle campagne fino ai primi del Novecento. Il cocktail chiamato Picheta o Mezzone dissetò, dal Nord al Sud, intere generazioni di braccianti al lavoro nei campi assolati. Durante il Medio Evo, da Caterina De’ Medici a Girolamo Savonarola, tanto per citare due personaggi illustri, si comincia a esplorare l’arte della miscelazione: cominciano così a nascere miscugli a base di liquori e estratti di erbe, dalle più fantasiose capacità. Vi si cimentarono anche viticoltori, monaci e alchimisti. Nella “Vie de Paris Sous Louis XII”, Louis Batiffol scriveva «Quando i fabbricanti di aceto si misero a distillare l’acquavite, ebbero l’idea di vendere al dettaglio ciliege conservate in acquavite e servite in piccoli bicchieri e tazzine. L’acquavite ammorbidita dallo zucchero e dal frutto, si chiamava allora “eau clairette”. Nel XVI secolo, al posto delle ciliege, cominciarono a mettere arance, fragole, ribes e altro, apparvero così le prime acqua d’arancia, di fragola e di ribes. Il commercio dei liquori rimase libero fino a Luigi XIV che costituì la confraternita dei Limonadiers (letteralmente, fabbricanti di limonate), riunendoli a fianco dei distillatori d’acquavite, era il 1676».