A Roma fanno così…

Non so, magari sono io che leggo dei piccoli segnali “di fumo” come se fossero un alfabeto, invece potrebbero essere solo vagiti, rigurgiti… nulla. Però, però a Roma, ogni volta che ci torno, scopro che lì c’è qualcosa di diverso rispetto a ciò che insegnano nella mia scuola, nelle scuole alberghiere d’Italia. Nel bar dove sono andato a bere e a mangiare, un bel bar pasticceria ristorante, Pompi (sottotitolo: “Il regno del Tiramisù”), i camerieri erano sempre assai indaffarati e un pochino scostanti, non foss’altro per l’inizio di barbetta –da uomo vissuto, tipo “sono tornato a casa alle due… ho fatto festa con gli amici, la fidanzata…non mi rompere sfigatello”- o per il gesto atletico di lanciare con gran maestria i piattini sul bancone, gettarvi sopra con espressività i cucchiaini (chi andava a destra chi a sinistra) e servire il caffè (buono) con sbavature sulla tazza e su curiosi piattini con l’incavo più grande del diametro della tazzina (recupero? moda? design? cosa?) e qualche altra artistica imprecisione.
Due episodi non sono una prova, ma solo un sospetto. Ma andando a cena da Roberto e Loretta, sempre a Roma, ho scoperto che anche lì i camerieri avevano quasi tutti un’ incipiente barbetta di un giorno (anche loro con aria assai “aggressive”, non scortesi ma neppure accomodanti) e uno sfoggiava un piercing all’orecchio e uno mal nascosto da un ridicolo cerotto sul sopracciglio. Voi direte: ma che piccolezze? Sì, ma si notano. Ridirete: ma sai il personale valido manca! Sì, ma cominciaste a pagare meglio avreste gente più professionale. Cercherete di prendermi “in castagna” dicendo che: “il servizio non conta, conta la cucina!”. Non è vero: a parità di cucina conta il servizio: fa la differenza. Si paga non per mangiare, ma per vivere un’ esperienza. E tutto fa parte dello spettacolo. Se il bigliettaio è sgarbato, lo spettacolo diventa brutto. Se gli attori sono mediocri anche Shakespeare ne soffre…

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