Mangiare selvaggio

Ristorante
Foto dell’Hotel Edelweiss di Crodo: La tartare e il carpaccio di cervo

Mangiare selvaggio

In Ossola stanno sperimentando una filiera intelligente della selvaggina: cioè stanno insegnando ai cacciatori a gestire al meglio le carni degli animali abbattuti e ai cuochi di valutare con attenzione i prodotti della caccia. L’idea è quella di immettere sul mercato con sicurezza delle carni che o non vengono valorizzate o ci entrano di nascosto. Un corso assai interessante che ha avuto un epilogo ludico un paio di settimane fa: un aperitivo, ricco, aperto al pubblico nei corridoi chiusi del Collegio Rosmini di Domodossola.

Io c’ero ed ho assaggiato tutto e mi ricordo con piacere soprattutto di una tartare di carne di cervo, saporita ma delicata e per noi assai sorprendente (ma dove mai si potrà trovare?); poi un paté di fegato di cinghiale e un prosciutto di cinghiale cotto a bassa temperatura. Tre chicche.

Per carità, c’era molto altro: i vini ossolani, l’acqua, il crodino, i formaggi fra cui il bettelmatt, salumi di selvaggina… Ma quelle tre elaborazioni mi hanno davvero colpito.

In giro molti voti noti protagonisti della ristorazione ossolana più interessante (e tradizionalista): il boss del Divin Porcello di Masera, il giovane Facciola dell’Edelweiss di Viceno e uno dei fratelli dell’agriturismo di Crampiolo… So che alcuni di loro, con altri, altri come lo chef Pizzicoli, hanno dato vita all’associazione Cooking For Alps: per promuovere, promuoversi… se mi faranno riassaggiare la selvaggia tartare, cercherò di imparare i loro nomi…

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