Vini da Vitigni Resistenti

Un sabato mattina entro da Forchir di Codroipo (Ud) e compro velocemente del vino. Il boss mi regala una bottiglia e mi dice: “lo assaggi e poi mi dica… è una cosa nuova, sperimentazione, vitigni resistenti”. Ed ecco che da allora, da alcune settimane, la bottiglia mi gironzola in casa e non so esattamente cosa sia.

Ecco il vino Forchir da vitigni resistenti

Poi, io incappo in una degustazione di vini da uve tocai (il vino però non si può più chiamare così) e mi fanno assaggiare due vini da “vitigni resistenti”. Sono vini ricavati da Fleurtai e Soreli, due vitigni resistenti. Ed ecco che capisco, mi spiegano cosa sono i vitigni resistenti. Eureka!

Ma incominciamo dall’inizio.

Nell’Ottocento la peronospora, l’oidio e la fillossera arrivarono dalle Americhe, portando la distruzione. Si incominciarono a fare vini con le viti americane, il clinton, il bacò, il fragolino… ma ad un certo punto sono arrivate la viti innestate (piede americano e parte arborea europea) e le viti americane sono andate in disuso, proibito fare vino… In alcune zone d’Italia, in anni recenti, la coltivazione dell’uva è intanto diventata monocoltura e ciò ha portato alla necessità di tanti trattamenti: otto, nove, dieci, tredici trattamenti… rame, zolfo, composti chimici. In alcune aree del Paese, tipo il Veneto, la vicinanza dei vigneti con zone altamente antropizzate ha portato alla nascita di movimenti di protesta che sottolineano la potenziale pericolosità di un così alto numero di trattamenti per la salute pubblica. Le risposte per ora sono poche: macchine che assorbono l’eccesso di trattamento, la mattina prestissimo… e i vitigni resistenti. Si tratta di sperimentazioni che le università e le scuole e i vivaisti del nord est stanno conducendo a spron battuto, sollecitati da una parte dell’opinione pubblica e dalla necessità di abbattere i costi. Si sarebbe giunti alla quattordicesima generazione di incroci fra vite americana e vite europea, con nomi nuovi: Fleurtai, Soreli, Kretos, Nepis e Rytos. Danno vini in cui l’impronta americana è vaga, lontana; ma hanno caratteristiche diverse. Nuove. Si sta lavorando ancora. Una cosa è certa: i trattamenti si riducono assai: due o tre, invece di nove o dieci o più.


Per ora le doc e le docg non prevedono il loro utilizzo e si possono così assaggiare solo nei vini senza disciplinare. L’obiettivo sarebbe quello di integrare i vitigni resistenti con quelli tradizionali e di porre i vitigni resistenti nelle aree più urbanizzate (dunque meno trattamenti e meno preoccupazione per la salute pubblica). E, forse, in futuro: produrre vini da questi vitigni.

Ecco i miei primi vini da vitigni resistenti

Ecco spiegato. Ma come sono? I due che ho assaggiato erano singolari. Il bianco da vitigno Soreli aveva un profumo di mandorla dolce, fiori bianchi; poco intenso; in bocca era secco, fresco, magro; con agrumi nel retrogusto. Non male. Insolito. Il bianco da vitigno Fleurtai era più dolce, floreale, frutto a polpa gialla e lieve affumicato; in bocca era magro, fresco, assai sapido; lunga nota di mandorla amarognola ed erbaceo nel retrogusto. Insolito pure lui, impegnativo.

Adesso, assaggerò la bottiglia regalatomi dal “sciur” Forchir. Con un po’ più di testa: ora so.

Visite: 872

One thought on “Vini da Vitigni Resistenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *