Undicesimo “Vini” dell’Avvento

I vini “naturali” piacciono, le loro vendite sono in crescita. Ma si tratta di una famiglia non ben definita che comprende vini biologici (normati per legge), vini biodinamici (con certificazione privata), vini vegani (idem) e vini fatti: senza solforosa aggiunta, senza lieviti selezionati, senza controllo delle fermentazioni, senza utilizzo di filtrazioni… Leggo su “Il Gambero Rosso” che “Nel settembre scorso, la Direzione generale agricoltura della Commissione europea, sollecitata dal Ceev-Comité vins, che rappresenta la gran parte delle associazioni degli industriali del vino del Vecchio Continente, aveva chiesto un parere specifico sulla liceità e opportunità dell’uso dei termini “naturale” e “metodo naturale” applicati alle etichette dei vini. La risposta di Bruxelles è stata chiara: “misleading”, ovvero ingannevole e fuorviante per il consumatore, in quanto suggerirebbe l’idea di un vino “naturale” migliore rispetto a un vino convenzionale”. Ora si pone il dovere da parte dei produttori “naturali” di fare ordine. Anche perché puoi avere esperienze suggestive e stranianti. Gli ultimi due vini della specie che ho assaggiato, infatti, erano assai diversi: il Pinot Bianco igt Veneto Monterosso, biologico certificato non filtrato, era un po’ originale ma assolutamente piacevole. Se lo avessi assaggiato senza sapere, lo avresti definito buono ma strano; il secondo era il Bertumè bianco da uve timorasso dell’azienda Nebraie: biologico, non filtrato e a fermentazionr spontanea, che era assai radicale, diverso nei profumi e nel gusto. Al punto che ti piaceva più con la testa: il luogo, il sogno, la scelta… che nell’assaggio. Tanto diverso dall’idea che noi tutti abbiamo del vino. Entrambi naturali ma assai diversi e anche diversamente buoni. O cattivi? E poi chi era più naturale?

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