Mentre assaggiavo la coscia di pecora ripiena che ci proponeva Riccardo Sappa, agrichef di Garessio (Cn), con la complicità del giovane macellaio Alberto Canavese, ecco che mi servono un vino: un Dogliani, cioè un dolcetto docg. Un vino scuro, dal profumo denso difficilmente scomponibile; in bocca era corposo, asciutto e caldo di alcol… urca: ha 14,5 gradi dichiarati! Se lo facevi ruotare nel bicchiere, poco a poco i profumi si sganciavano e arrivavano al naso, in bocca ne apprezzavi l’equilibrio ma ne temevi l’intensità. Quasi un liquorino, mi veniva da pensare.
A fine show cooking, ho avvicinato il sommelier che mi ha spiegato che da anni a Dogliani si ottengono vini così: le temperature medie sono cresciute, l’uva è ben più matura… è dal 2002 che le annate si susseguono calde. Così come un po’ ovunque in Piemonte, viene da dire. Urca, dovremo allora abituarci a vini così spessi, densi, caldi? I vinelli arriveranno dalla Scandinavia?
Buono, davvero buono il Ribote 2017 Dogliani docg di Bruno Porro. Ma da sorseggiare, più che da bere.