Non voglio entrare in polemica con i “gastronazionalisti” ma nella diatriba fra Parmigiano e Parmesan un po’ di ragione ce l’hanno entrambi. Il Parmesan non è semplicemente l’imitazione del Parmigiano Reggiano, ma è nato sull’onda dei ricordi di emigrati italiani nel Wisconsin. La patria dei formaggi statunitensi, dove si misero a produrre un formaggio dal nome evocativo, “alla moda di Parma, “un formaggio piuttosto morbido con forme di circa 20 chili e dalla crosta nera” (Alberto Grandi, “Denominazione di Origine Inventata” pag 88). Così come era fatto una volta, e neanche troppo tempo fa, il Parmigiano Reggiano: “Nell’angolo dei formaggi faceva la parte del leone la faurma (Parmigiano Reggiano), che allora aveva la crosta tutta nera, frutto di un trattamento con terra nera naturale (la polvere era lasciata ammuffire, poi veniva spazzolata e per finire si spennellava con dell’olio di lino” (Napoleone Neri, “I grandi ristoratori bolognesi” pagina 78). Il Parmesan è dunque più piccolo, più morbido e ben diverso, ora, dal nostro Parmigiano Reggiano dop. Fra le altre cose, il Parmesan non ha un disciplinare di produzione e dunque, da quel che ho letto in rete, tipo qui o qui, varia da ditta a ditta e da Paese a Paese.


E’ un plagio? Per certi aspetti no: all’inizio era la versione nostalgica di un formaggio come veniva fatto una volta. Ora sembra essere un nome commerciale che cerca di sfruttare la fama del formaggio italiano: il Parmigiano Reggiano. Un plagio puro e semplice sembrerebbe. Anche se è un formaggio diverso, anche buono, che ha una sua storia. Ma che oggi deve fare i conti con il mercato globale. E se lo chiamassero “Ancient Parmesan Style”?