Mangiare tardi è sempre un po’ un sogno proibito (oppure una triste necessità). Nel mio natio borgo selvaggio si vagheggia da sempre di luoghi mitici in cui ciò è possibile, addirittura codificato. Mentre da noi esisteva una sola pizzeria aperta fino a tardi (ma ora ha chiuso ahinoi!) là, in Spagna, invece si mangiava tardi, assai tardi, ovunque. L’eccezione è la norma! Ed è vero! A Malaga d’estate, visto coi miei occhi, gente che entrava al ristorante alle 11 di sera (notte?) e non parliamo poi dei take away vari che davano da mangiare sempre, anche alle cinque del mattino (colazione? cena? cosa?). Ed ora, contro il nostro sogno provinciale una ministra spagnola, una socialista, che dice una cosa vera: e chi lavora? non farà male a chi lavora il lavoro così tardo?
Forse non ha ragione, forse ha ragione in parte, forse è solo una riduzione logica di un’ora (a mezzanotte, davvero comunque molto per noi italici provinciali)… Rimane il fatto che ha suscitato ampio dibattito (e ci mancherebbe: ogni scelta comporta dibattito). Chi è pro e chi è contro.
Non so perché ma mi è venuta in mente un’altra, italica, iniziativa socialista di molti anni fa: la legge Merlin che abolì le “case chiuse”, i “casini” che sopravvivono solo nel linguaggio popolare. Anche lì una legge dettata da un approccio umanistico: la condanna dello sfruttamento. Anche in questo caso opinioni diverse mai conciliate. Capiterà così anche per la riduzione di orario per cenare? Non so…
Rimane il fatto che per noi italici provinciali il sogno proibito rimane. In attesa che riapra la pizzeria, viene da dire.