Ma il vino dà lavoro?

Sì, lo so! Detto così, il titolo è una castroneria… il vino dà lavoro e a tanti: lo so. Ma se leggerete questa notizia con me forse qualche dubbio lo avrete anche voi. Le distillerie Berta di Mombaruzzo hanno creato una fondazione no-profit per ricordare Gianfranco Berta, grande distillatore recentemente morto. Leggiamo sul comunicato stampa che in “omaggio alla memoria di un uomo che ha saputo essere punto di riferimento per un intero territorio… un progetto per dare opportunità di lavoro a giovani inoccupati e disoccupati. Questa l’idea da cui è nata nel 2015 la Fondazione no profit SoloPerGian, un’iniziativa che segue il solco tracciato da Gianfranco Berta, titolare dell’omonima distilleria…”.
“Proprio per proseguire il  nei confronti della società,   E c’entra il vino? E il lavoro? Direte voi. C’entra, c’entra: “Proprio per proseguire il suo impegno nei confronti della società, la Fondazione ha come obiettivo primario il supporto degli artigiani (astigiani? Ndr) in difficoltà e l’aiuto concreto ai giovani che vogliono apprendere un mestiere… Il primo impegno, tra i numerosi intenti della Fondazione, sarà “Il piacere del vino e non solo”corso gratuito di degustazione riservato a inoccupati e studenti non lavoratori. Un percorso di avvicinamento al vino che potrà trasformare una passione in una vera e propria professione, il tutto in 11 lezioni curate dalla nota Laura Pesce docente di enogastronomia e prima donna sommelier in Italia… Al termine del percorso, la Fondazione offrirà a colui che otterrà il miglior risultato, il prestigioso Corso Sommelier Ais suddiviso in tre livelli, per divenire Sommelier a tutti gli effetti… assolutamente gratuito, grazie anche alla collaborazione di alcuni noti produttori vinicoli di Langhe, Roero e Monferrato”.
Ecco qui: un corso sul vino offerto ad inoccupati e giovani studenti. Il migliore, poi, un corso Ais (ma perché solo al migliore?). Bella idea e se fossi in zona e in siffatte situazioni ne approfitterei. Ma non so quanto lavoro darà…
I sommelier, infatti, sono figure rare e giungono ad essere tali dopo un percorso impegnativo: debbono essere ottimi camerieri: dunque studio, applicazione, lavoro in case prestigiose; debbono assaggiare, studiare, fare lunga pratica sul vino; debbono conoscere due o più lingue straniere; avere nozioni sull’acqua minerale, sui distillati, sulle birre… Non la vedo facile per chi è avanti con gli anni e neppure per chi non è già dentro al settore.
I migliori sommelier (comunque un termine generico, professionale, non una professione riconosciuta da contratti nazionali di lavoro) possono diventare collaboratori di aziende, a vari livelli. O lavorare per l’Ais stessa o forse per le associazioni similari (Go Wine, Fisar, Onav, Aspi). Ma per la maggior parte si imitano ad ottenere qualche comparsata a fiere e a manifestazioni vinicole varie. Un secondo lavoro, una passione più che altro. Nei ristoranti popolari, poi, non serve molto sapere di vino. Forse nelle enoteche un po’ easy può servire una figura di un quasi cameriere o di un quasi sommelier. Oppure è una cultura necessaria per aprire con un poco più di coscienza (ma magari poco pragmatismo) un locale proprio… Non è una carriera facile, dunque; non trovo che sia un’idea adatta a chi ha soprattutto bisogno di essere ricoverato sotto l’ala protettrice di un contratto, di un posto più o meno sicuro, di un mestiere più facilmente spendibile… Io

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